Sui passi di Victor, l’anarcosorcosituazionista

Sentiero urbano Victor Cavallo – Garbatella


Il 29 marzo del 2015, raccogliendo l’invito di Casetta Rossa ed Ape, circa 300 persone contribuirono a tracciare il sentiero urbano Victor Cavallo, il primo a Roma e tuttora uno dei pochissimi esistenti.
“Il sentiero percorre i lotti della Garbatella e attraversa i cortili, gli spazi verdi, i luoghi del quartiere dove è nato e cresciuto, giocando a pallone e corteggiando donne, Vittorio Vitolo in arte Cavallo, poeta sovversivo e ribelle, attore stalker e centrocampista anarcoinsurrezionalista”, così recita la targa apposta all’inizio di questo percorso ad anello.
Nel numero speciale del giornale MaGMA che venne stampato in occasione dell’inaugurazione del sentiero, così terminava il suo editoriale Claudio D’Aguanno, ideatore del tracciato: “In vita sua ha interpretato oltre 40 film, ha scritto tantissimi versi e senza di lui il festival di Castelporziano (estate romana del ’79) non sarebbe stato lo stesso. Ha cantato in mille modi la città viva ed emarginata, quella perduta e dimenticata, quella capace di sbeffeggiare i forti e la loro prepotenza. A lui vada dunque questo percorso e questo racconto d’una domenica d’aprile piena di primavera e di romana bellezza”.
Il tracciato, breve e fruibile da chiunque, si articola in 12 tappe, in altrettanti luoghi del quartiere che sono stati significativi nella vita di Victor e che sono stati protagonisti di sue poesie e scritti. La visita nei luoghi storici della Garbatella, ancora oggi punti di riferimento per residenti turisti e passanti, si trasforma nella condivisione di uno sguardo poetico, in un’avventura nella Roma di una generazione di sognatori ribelli che è sempre più difficile ritrovare e di cui pure va ad ogni costo preservata la memoria.

Punto di partenza e arrivo: Parco Cavallo Pazzo

Lunghezza: 4 km

Soste:

01 Parco Cavallo Pazzo/Casetta Rossa
02 Palladium
03 Nevskij (Via Girolamo Benzoni)
04 Piazza Benedetto Brin
05 La Villetta
06 Tramvi (Via Rho/Piazza Damiano Sauli)
07 Piazza di Sant’Eurosia
08 Chiesoletta (Santi Isidoro ed Eurosia)
09 Avana (Piazza Oderico da Pordenone)
10 Villa 9 maggio
11 Viale Massaia 65
12 Carlotta

Editoriale di Claudio D’Aguanno

“Era il giugno del 1963 e io scendevo con una maglietta gialla / lungo il viale della garbatella / questa passeggiatella che mi taglia il cuore…”
È questo uno dei versi di Victor Cavallo presi dall’antologia “Ecchime” (ed. Stampa Alternativa). Citazione piena di legegra nostalgia, del tutto opposta alla sua prosa da teatro, buona comunque per battezzare un sentiero urbano, fatto di memoria e letteratura, a lui dedicato.

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In quei versi infatti c’è il lotto di viale Guglielmo Massaia dove Cavallo è nato e cresciuto, ci sono i suoi passi dentro il quartiere, la sua smania quindicenne per una domenica d’amore, la voglia di superarein direzione della Circonvallazione le porte della borgata per prendersi la città.
Dedicargli un percorso è per noi di APE (???) anche un modo per sfottere gli anni della dimenticanza e della trascuratezzacon cui la cultura ufficiale di questa città l’ha ripagato. E di più, per rivendicare con forza che la bellezza di questo “aprico quartiere”, troppo spesso banalizzato nei tiepidi colori d’un volemose bene da cartolina, è fatta anche di storie irregolari e ribelli, vite vissute a dispetto dell’ordine e del perbenismo, con poco o nullo ossequio della legalità e del decoro.
Poeta, attore, regista unico della propria esistenza, romanista, stragiallorosso, garbatellaro postcomunista, morto, sulle soglie del 2000, a 53 anni e capace come pochi di vivere 53 vite diverse. Questo è stato Cavallo. Artista nato sulla strada e cresciuto tra campi sterrati, curve da stadio, vicoli sconnessi di buche e sanpietrini o pieni di cocci di bottiglie rubate al bancone di qualche bar.
Di sé diceva di aderire all’Internazionale anarcosorcosituazionista: militante unico, duro e puro, din un Marat-Sade che per lui non s’era fermato al ’68 ma che di sicuro era cominciato molto prima. E di tutto c’è traccia nelle cose da lui lasciate, nei taccuini curati dagli amici, nei versi sparsi dove ci ritrovi Agostino e Padre Guido, assieme a Falcao e Totti, a Maccarelli pugile inseguito da tre macchine della celere, al terribile Saulle con Scarface giustiziere di scleier e complice di baader mentre “Allah è grande e a Maronn c’accumpagna”. E tutto e sempre sotto il sole “libero e giocondo” che spazzola l’umanità ricca e feroce della città frequentata da Trastevere e Campo de’ Fiori, da Piazza Vittorio a Ostia per tornare ai lotti di casa dove via Benzoni diventava la Propsettiva Nevskij e su la scalinata Carlotta ci vedevi spuntare il nome Potemkin. Profetico come solo i visionari dal fegato spappolato sanno esserlo. Visionario come solo i profeti dell’avvento giallorosso possono diventarlo: “ Allah Akbar / traverso le strade piango rido guardo le sorche cado perché di spalle sembravi te / cado perché è rigore lo tira Totti è gol che traversa i quartieri / la garbatella testaccio montemario porta maggiore rebibbia…”
Come un ritornello d’una stornellata di Alvaro Amici, ripeteva spesso, a sé stesso e al mondo, “è acqua che passa, è acqua che passa”. Ce l’aveva con un sacco di cose ma non con Garbatella (“il quartiere più bello del mondo”) e mai con la Roma che riempiva di lampi di memoria la sua prosa irregolare e beffarda: “Feci sega a scuola e me ne andai a vedere la finale di coppa delle fiere Roma-Birmingham 2-0. Fecero gol manfredini e pestrin feci gol io coi miei fratelli riccetti uguali a tutto il mondo. Fu una serata che il tramonto bruciava la pelle, era un rosa così profondo. Era una sera e me lo chiese lei le carezzai una sisetta non l’ho scordato più.” Romanista e centrocampista lo era da sempre.
Da quando Saro Alonzo lo vide acerbo giocherellare con una palletta fatta di stracci e fantasia: “ A Vittò sei de Roma? E allora sei della Roma. Chiuso”. Sarebbe negli anni diventato Victor recitando a teatro ma s’era fatto Cavallo dopo un viaggio in Calabria nell’estate calda del ’68. Un viaggio fatto di operai mitizzati, militanti dell’insurrezione di Valle Giulia, vacanze in sacco a pelo spartito con la ragazza più bella del mondo ripari di fortuna inventati tra un autostop e l’altro. E lì, dalle parti del cementificio di Vibo Valentia, l’educazione sentimentale s’era poi completata in un battezzo inaspettato: “quell’estate – ricorda Braschi in un numero di ALIAS – ci colse impreparati… così fu che partimmo per le Calabrie a trovare Giap… Paolo e Gaetano ci accolsero con grande gioia ma non avevano letti per tutti… per alcuni si appontarono con il fieno dei materassi… c’hanno fatto dormire come cavalli si disse scherzando… e fu così che il giorno dopo quando in fabbrica Vittorio chiese di parlare, il presidente dell’assemblea non sapendo il suo nome ma facendo una banale associazione disse: la parola al compagno Cavallo…”.
In vita sua Cavallo ha interpretato oltre 40 film, ha scritto tantissimi versi e senza di lui il festival di Castelporziano (estate romana del ’79) non sarebbe stato lo stesso.
Ha cantato in mille modi la città viva e emarginata, quella perduta e dimenticata, quella capace di sbeffeggiare i forti e la loro prepotenza. A lui vada dunque questo percorso e questo racconto d’una domenica d’aprile piena di primavera e romana bellezza.

Pubblicato sul numero speciale di MAgMA


Le parole, e le tappe, del trekking urbano

01 – Casetta rossa

Stalker
Attento Arthur… è tremenda la Zona
-Allora ci andiamo? Mi ci porti??
-Ma io non ti posso portare
-Guidami
-Non ti ci posso guidare, non c’ho esperienza, non so niente, mi dispiace. Lo vedi, no? Ma lo vedi che paro uno sfratto. Mi de che, cosa? Ma lo vedi che mi sto a arrampicà con le unghie tutte da una parte che paro Gregorio Sansa? Ma di che cosa ti devo guidare? Ma guidare che? Guidare dove? Guidare chi? Ma c’è bisogno che te lo dica? Guidare IO TE…
-Eh, guidami Stalker, guidami Schuhart, guidami te.
Guidami!!!
-Allora ti guido. Ti guido io.
Ti guido ad incontrare le donne a non incontrarle
Ti guido ad Ostia
Ti guido a Fregene
Ti guido a mangiare l’abbacchio
Ti guido a mangiare alla cacciatora
Ti guido a mangiarti le unghie
Ti guido a non mangiarti le unghie
Ti guido a cambiare pagina e non cambiare pagina
Ti guido a saltare a non saltare a pagare il biglietto
Ti guido in un lago verde pieno di cozze rosse
Ti guiderò io… ti guiderò io nel Nuovo Mondo,
Arthur, verso il Nuovo Mondo, Arthur, ti guiderò io
Verso il nuovo mondo, ti guiderò

02 – Palladium

Piove sotto i portici di HOlderlin
E Del Sol di certo è marzo e come un deficiente
Io cammino e mi chiamo da solo: Vittorio
Verrà la primavera e sarà un soffio che a guardarsi
Indietro le foglie già saranno autunno
Bikini stracciati dai ghiaccioli bruciati, cipressi
Senza rinnovo di passaporto
(gli uomini vanno e vengono senza dire un cazzo)
Senza cotolette d’abbacchio senza orecchini verdi
Senza aurora senza cosce senza senza.
Lentamente a Piedi traverseremo il mare mio figlio
E io
E andremo al Maracanà
A cacare sulla faccia vaiolata della solitudine,
sarà un attimo dai colori giallo oro
verde blu rosso.
La vita è lunga

03 -Nevskij

Presi una curva male e sono caduto
Sul brecciolato con la vespa
Che mi aveva prestato Aldo.
Non m’ero fatto tanto male
Ma avevo visto
La luna mentre scivolavo
Così era umiliato sì ma
In buona compagnia.
Era nata la prospettiva Nevskij
Della Garbatella l’assalto
Al cielo l’irruzione violenta
Delle masse sulla scena
Della storia da Via del Pellegrino
Andremo io scherzavo e dicevo noi veniamo
Da vicino e andiamo vicino.
Al mare a Ostia. Ero uno scricciolo.
Un Ercole sbucato da una inattesa primavera.
Giocavo a footbol e stava nascendo il vecchio mondo.

04 – Brin

Lentamente il quartiere si allargava. Sotto il sole
Seduti a uno scalino Saro Alonzo che era stato
Partigiano ubriacone ladro innocente (era una
Mattina che m’avevano pettinato con l’acqua) e
Lui mi disse di che squadra sei? Io non lo sapevo
Ancora del napoli perché papà della sampdoria
Per uno scudetto dentro un cioccolatino per la
Juve di mio fratello Corrado. Saro disse sei nato
A Roma allora sei della Roma. Ave Roma. Mentre
Comparivano i primi tinti di capelli fiji de na
Mignotta. Casagrande Saulle, il mostro, quello che
Metteva paura a tutti perché imitava l’orrore che si
Nascondeva in quelle estenuanti giornate d’estate e
Di dolcezza.
Fu allora che incontrai l’amore.
È orribile che ora sia un ricordo.

05 – La Villetta

Scarface è di bartolomei è didi angelillo
Maschio sivori
Scarface è anticomunista stalinista anarco sorco
Situazionista
Testa di cazzo frocio scarface è drogato scarface è
Ferito
Scarface è sordo scarface è snob scarface è
Alcolizzato
Scarface è cretino scarface è italiano scarface
Dedica
Fiori di sguardi alla tomba di maccarelli in viale
Tormarancio
Scarface ha rotto il cazzo a tutti scarface ha
Giustiziato scleier
Scarface ha nascosto baader nei vicoli di roma
Scarface è un miserabile
Scarface ruba i soldi ai vecchi scarface ha paura
Dei cani
Scarface ma chi è scarface perché scarface
Scarface è uno sfregiato è un film

06 – Tramvi di via Rho

Ed ecco che una mattina mentre tutto
schopenauresco me ne stavo seduto su un mattone
ecco che passa una ragazzetta e mi guarda.
Illuminato cieco ed ebbro parlo come una trottola
E appena che dico: “signorina posso…” lei già
Mi dice sì e ce ne andiamo a braccetto verso la
Fermata dei tramvi perché lì c’era l’erbetta e era
Solitario, e in finale, mentre la capoccia mi vibrava
Come un’aureola, allora glielo appizzo e per la
Prima volta in vita mia ascolto “aahhh” detto in
Due.
Quando mi riebbi e la guarda imi si allargarono d
Sole le froge del naso: quanto era brutta! […]
Era peggio di me. Si chiama Elvira e veniva
Da Portonaccio per visitare lo zio che era morto
All’alba per un accesso di mammatrone, dato che
In una notte s’era magnato tre cocomeri. Così
Va la vita. E infatti mi chiese che nome c’avevo
E io le risposi Vittorio e avevo il muso lungo e
Praticamente avevo deciso che non l’avrei sposata.
Mentre una voce detro di me medesimo, mi canticchiava:
nun te preoccupa’, nun te preoccupa’, so’ solo
frammenti
d’educazione sentimentale.

07 – Sant’Eurosia

Mia cara fica
Non credo a niente
I prezzi del pane e del latte sono troppo alti
E il campo di bocce del forlanini è pieno
D’immondizia
E i giardini di piazza Sant’Eurosia pieni di vetri rotti e
Cacche di volpini
E tutti quegli stronzi in giro
E lisa gastoni che m’ignora
E la rivoluzione che bestemmia sulla pista assolata
Del rock and roll.
Ti amo. E se tu non me la darai mi ucciderò con una
Overdose.

08 – Chiesoletta

Oggi 28 aprile 1997
Ci vorrebbe il Dio di cecil B. de Mille
Il dio dell’antica garbatella
Del pallone marrone ora e sempre
L’estasi zellosa dell’oratorio.

09 – Avana

Allora si chiamava cinema Avana. Una domenica pomeriggio a fine spettacolo ne uscirono circa un milione che fischiettavano per un pungo di dollari.
Io sofisticato e zozzo come un sublime vidi l’anno scorso a Mariembad. Bruum una notte all’ultimo spettacolo tre macchine della celere per beccare Maccarelli. Un casino perché menava come un figlio di puttana, d’altronde era stato pugile. Al mattino prestissimo invece verso le sei di primavera sentivo cinguettare sotto la finestra, erano i passeretti da nido spersi o caduti, così se si salvavano dai gatti, li prendevo li nutrivo a mollichette di pane e latte e rivolavano via. Come avrei dovuto fare io. Fui io a dirle non c’è perché. Un respiro di piombo mi si infilò tra una costola nonostante la camicia a fiori. Disse: perché non parte? Sputò contro un vetro e indossava tacchi altissimi e muoveva le spalle mi guardò dritto negli occhi e mi disse merda sei una merda senza cazzo.
Era notte e il notturno come un lombrico bucava la città silenziosa. Ma quando lei disse basta fu basta.
[…]
Al cinema davano Era notte a roma con Giovanna Ralli.
Piazzetta Santa Eurosia mette i brividi. In primavera le rondini sbuchettano le orecchie, un cane alano se non c’era mia madre a tirargli addosso una sedietta per poco non mi sbranava, i carabinieri sequestrarono un pallone, l’assassino di C.W. era assettato accanto a me con un cazzo immane e infine il mercoledì sul Corriere dello Sport non c’era scritto un cazzo. Eravamo soli sebbene fosse l’estate più bella della vita. La bella Estate.

10 – Villa 9 maggio

L’arrivo era non si sapeva dove pavè fango merda sangue aspirine tutte le magliette erano sporche di schizzi e gli atleti erano allo stremo (gli ultimi intendo inoltre benchè drammatico lo stremo mi fa ridere). Davanti una volata bestiale caddero in 10.000 e vinse uno solo un ragazzo giovanissimo e bello come un angelo e dopo in salita partì e via era finita per tutti altro che barthes mozart pezzo di cazzo pioveva nevicava c’era il sole faceva freddissimo un caldo pazzesco alle curve il ragazzo guadagnava minuti su minuti e andava dove si deve (traballano i reporters non ha tifosi il direttore sportivo gli urla deli consigli che dietro che davanti insomma) Vaffanculo. Verso la cima Coppi tutti sanno c’è l’impossibile l’oltre così il ragazzo vola o starnazzare o andare.
Era un sogno giocavo a nizza nella stradetta sterrata dietro casa e dalla finestra che si spalanca mio fratello grida vittorio ha vinto Gaul.

11 – Viale Massaia 65

Pace è acqua che passa Allah è grande e a Maronn
C’accumpagna
Sole che sorgi libero e giocondo tra le lacrime
D’amore i tram fermi
Le rotaie nere come vene disperate le nuvole
D’improvviso come un’osteria chiusa
Un’ariaccia che rende tristi gli angeli un’ariaccia
Che sussurra una parola nera
Che confusione tra me i morti distinguo solo
Perché io potrei prendere
Il pullman per viterbo e loro l’ànno già preso già
Magneno all’aperto
Fettuccine all’amatriciana fatte come dio comanda
Già dormono già sognano senza storia
Era il giugno del 1963 e io scendevo con una
Maglietta gialla
Lungo il viale della Garbatella
Questa passeggiatella che mi taglia il cuore
Non ha bisogno di chiamarsi storia
Solo che quel viale non finsice più
E io sono un pezzetto d’ombra dentro un seno
Il peso di una foglia dentro un dormitorio
D’immondizia
Gli audlti sono ragazzi morti e chist’è o paese d’o
Sole
È acqua che passa è acqua che passa

Traverso le strade piango rido guardo le sorche
Cado perché di spalle sembravi te
Cado perché è rigore lo tira Totti è gol che traversa
I quartieri
La garbatella testaccio montemario porta maggiore
Rebibbia

12 – Carlotta

Vedi biondina, la vita non è quella che tu hai
Creduto finora la vi…
Lei partì di destro al fegato, poi sinistro, punta al
Mento, poi ancora destro, pizzettone in faccia, poi
Ginocchio sulle palle, deciso, tanto da fare proprio
Ahio!
Infine ciuffettone sul muso
Vedi biondina…
È facile dire addio
Basta diventare stronzi.

Testi di Victor Cavallo da “Ecchime”. Ed. Stampa Alternativa

Sempre più in alto
per una nuova umanità!

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