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L’Alpe Devero in stato di grazia

Eravamo in quattro: un piccolo manipolo determinato a lasciare impronte sulla neve all’Alpe Devero, mai così tanta in tutto l’inverno. Siamo partiti all’alba di sabato 9 marzo, nonostante le previsioni di nuvole e qualche precipitazione ma con l’assicurazione (verbale) che le condizioni che avremmo trovato in giornata all’Alpe e nell’avvicinamento sarebbero state di assoluta sicurezza.

Lasciata la macchina al parcheggio, data l’impossibilità di percorrere il sentiero da valle, siamo entrati nel paese e siamo stati catapultati subito in una dimensione da sogno: casette in pietra coi tetti coperti di neve, silenzio, bianche distese incontaminate contornate da ruscelli, una presenza umana limitata a pochi, discreti esemplari muniti di ciaspole o sci con le pelli, qualche cane educato. Indossate le ciaspole, alcune di pregevole fattura vintage, ci siamo incamminati sul percorso invernale per l’Alpe Crampiolo.

La visibilità era buona, la traccia presente e soffice. Dopo esserci inoltrati in un boschetto di larici, abbiamo raggiunto agevolmente l’abitato di Crampiolo, anch’esso praticamente tutto per noi, cosa davvero rara. La temperatura non era rigida ma cominciava a fioccare debolmente, così prima di incamminarci per la diga di Codelago ci siamo assicurati un posto al calduccio per il pranzo, in un agriturismo dove solitamente bisogna prenotare due mesi in anticipo.

La salita a Codelago è rapida e rilassante e, arrivati in cima, la vista sul lago coperto di neve e senza tracce è davvero suggestiva. Lì ci siamo fermati, come previsto, perché oltre il boschetto di larici su uno dei lati sussisteva un possibile pericolo valanghe.

Dopo pranzo, prima di fare ritorno alla piana del Devero, ci siamo avventurati fino al Lago delle Streghe, prestando attenzione alle lanche (piccoli corsi perifluviali tipici di questa zona) celate dalla neve. Anche qui non ci siamo avventurati oltre la parte sicura (qualche anno fa il lago era stato quasi cancellato da una valanga mista a terriccio: ora è tornato come prima, e nella bella stagione presenta colori smeraldini e cangianti che si possono ammirare sedendosi sulle grandi rocce soprastanti).

Al ritorno abbiamo percorso una strada diversa da quella dell’andata, andando così a formare l’anello: anche in questo caso non ci stancavamo di ammirare i dolci avvallamenti, i sassi col cappuccio di neve, gli alberi contornati di bianco: come colonna sonora, qualche uccellino e le sporadiche chiacchiere di noi che ci stavamo conoscendo, nella gioia di condividere una situazione speciale.

L’ultima tappa è stata dal rifugista Michele, uno dei fondatori del Comitato Tutela Devero, nato per difendere l’Alpe da “progetti di nuovi impianti, piste da sci e da mountain bike, strade, alberghi, bar e strutture ricettive: consumo di alberi e suolo, bacini idrici, neve artificiale, danni all’ambiente delicato e insostituibile”.

Tra torte di mele, bombardini e tisane, abbiamo parlato degli ultimi sviluppi: mentre il comitato si sta muovendo con super-avvocati a livello europeo (motivo per cui sono gradite donazioni, che si possono effettuare sul sito https://comitatotuteladevero.org/), la cordata di speculatori è stata comprata in blocco da un magnate della cremazione (“uno che avrà sempre lavoro”) che ha una casa lì, e tutti sono in attesa delle sue mosse: vorrà fare dell’Alpe Devero un luna park di sua esclusiva proprietà o preservare quella magia che lo ha portato lì?

Con un po’ di pensiero magico nel cuore e tanta bellezza negli occhi, ci siamo avviati alla macchina…

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Chi me l’ha fatta fare? La Val Biandino risponde


Sarà che sono nato e cresciuto a ottanta passi dal mare (lì ho contati la scorsa estate) sarà che sulla neve ci sono stato si è no una decina di volte, sarà che ho iniziato a muovere i miei passi in montagna da relativamente poco tempo, sarà semplicemente che sono calabrese, ma mentre pedalavo verso la sede di APE Milano alle cinque e mezza di una freddissima Domenica mattina pensavo, in tutta onestà:

Ma chi me l’ha fatta fare?

E quindi, chi me l’ha fatta fare? C’è evidentemente un legame forte fra APE Milano e la Val Biandino, dove eravamo già stati all’inizio di ottobre 2022 ad ascoltare racconti e canti di partigiani, di fughe notturne oltre confine, di brutte storie che, speriamo, non torneranno, e ci eravamo stati nonostante un diluvio cattivo e costante. C’è forse un legame forte anche fra me e la Val Biandino, che per me quella dell’ottobre 2022 è stata la prima uscita con APE Milano, nonostante quel diluvio, cattivo e costante. Quindi, forse, “chi me l’ha fatta fare” è una domanda malposta.

Arriviamo a Introbio intorno alle otto del mattino: appello, caffè al bar e via, si parte. Dopo qualche rampa acciottolata per uscire dal paese si arriva velocemente al punto da cui parte il nostro sentiero, che però, scoprirò poi, non attraversa la Val Biandino. Perché, memori delle difficoltà dell’ultima volta, non siamo entrati subito nella valle, ma ci siamo avvicinati con calma, prendendola larga, arrivandoci in realtà da dietro, da una valle laterale.

Questo lento corteggiamento alla Val Biandino ci ha fatto passare sotto l’Alpe Agoredo e poi alle casere di Abbio: abbiamo goduto di una spettacolare vista su Resegone e Grigna prima e sul Pizzo dei Tre Signori poi; abbiamo ascoltato altri racconti di partigiani in fuga dai rastrellamenti, e camminato con la neve alle caviglie (che per me, abituato ad avere il mar Jonio alle caviglie, è stata una bella novità). E alla fine siamo sbucati sopra al rifugio Tavecchia, nel centro della Val Biandino, appunto. Il resto sono dettagli di puro godimento: apeini stesi al sole sulla sdraio in stile Christian De Sica in Vacanze di Natale ‘90 (vedi foto), polenta con cassœula, discesa su strada ghiacciata, ritorno a Introbio con le ultime luci del giorno, classica coda per rientrare a Milano. 

Luca per APE Milano

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Gita_Sociale_Campelli_Schilpario

Gita Sociale ai Campelli di Schilpario

Camminare in un anfiteatro di roccia e neve da togliere il fiato.

Dopo il grande successo della prima gita dell’anno sulla neve, abbiamo replicato un’uscita in uno dei contesti di montagna invernale più suggestivi delle valli bergamasche.

Per la nostra seconda uscita dell’anno abbiamo pensato ad una camminata alla portata di tutti, in alta Val di Scalve, situata all’estremo angolo nord-est della provincia, distante circa 65 chilometri da Bergamo. Essendo la via abbastanza battuta, non sono state necessarie le ciaspole.

Una bellissima gita, grazie a tutte e tutti. La prossima uscita è programmata per l’ 1 marzo al rifugio Gherardi, passo Baciamorti e cima Sodadura.

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