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Giustiniana – San Pietro – Garbatella: racconto di un’escursione urbana (e solidale)

Sara ci racconta il trekking a sostegno del Cammino della Nona Casa di domenica 24 novembre.

Vivo a Roma da poco meno di tre anni. I romani, anche quelli doc, dicono che è ancora poco tempo per conoscerla bene. Queste parole mi confortano, forse perché nell’ignoto vedo qualcosa di positivo: esperienze potenzialmente ancora migliori di quelle già collezionate o semplicemente perché rappresenta un appiglio al senso di smarrimento che può investirti nel vivere in una città così grande e complessa. Senza dubbio arrivare a piedi in una città, per di più una città come Roma, offre la possibilità di cogliere aspetti inediti.

Diversamente dalle altre escursioni apeine, questa volta abbiamo raggiunto il punto di partenza con i mezzi pubblici. Uno sciopero dei treni ci ha costretto a rivedere leggermente il programma iniziale per cui il ritrovo è il capolinea dei bus a La Giustiniana. Il cammino vero e proprio parte dai limiti del GRA (il grande raccordo anulare, che non posso fare a meno di associare alla canzone del geniale Venditti-Guzzanti!), dalla vecchia Cassia (quella storica, mi dicono) e si addentra in un bosco mediterraneo, una riserva naturale incastonata nell’espansione urbanistica. Circondati da impalpabili nuvolette di vapore che si innalzano dalla piana man mano che il sole scalda noi e l’atmosfera, avanziamo nel silenzio. Avvolti da un’atmosfera a tratti onirica, scorgiamo, ai margini del nostro campo visivo, maestosi alberi e, dove non te le aspetteresti, quasi come miraggi, palazzine.

Al Parco dell’Insugherata ero stata anni fa, quando ancora non ero una tessera del mosaico che compone la città. Ma questa volta è diverso. L’altra volta ero in solitaria, a cercare, come un ago in un pagliaio, piccoli animali sconosciuti ai più (salamandrine..).

Questa volta siamo in tanti, colorati nella varietà di zainetti, giacche a vento, cappelli. Smarriti per le temperature incredibilmente, almeno per questi giorni, coerenti con la stagione. Ognuno con la propria storia e lì per motivi diversi. Camminatori seriali e new entry di APE, i cuneesi, qualche amico, amici e simpatizzanti dei protagonisti di questa avventura. A unirci la passione per il camminare e la voglia di essere parte dell’esperienza di Eva, Pietro e il loro compagno peloso Tumpi, di percorrere insieme l’ultima tappa del cammino che li ha portati, da Cuneo a Roma, a raccontare della Nona Casa, una seconda vita per donne e minori provenienti da situazioni di violenza. Attuale con il periodo, perché il cammino si è concluso proprio nelle giornate in cui si parla maggiormente di contrasto alla violenza di genere, e anche tristemente attuale con i tempi, vista la frequenza con cui si sente parlare di casi legati al fenomeno.

Dopo una salita un po’ più impegnativa (l’unico dislivello della giornata) ci lasciamo alle spalle il bosco. Il sole adesso si fa proprio sentire e ci accompagna lungo tutto il percorso che sfrutta una vecchia linea ferroviaria. Intorno a noi il paesaggio è variegato, così come lo stile e il colore dei palazzi che gradualmente avanzano verso di noi. Pensiamo a che vista privilegiata abbiano gli abitanti di quella zona su una parte molto verde della città. Qualcuno di loro si è appropriato di uno spazio di percorso, fissando un pensiero o un sentimento, e piantando fiori e altre piante ornamentali. Si fa fatica a credere che sia la stessa città dove risiedono, non molto lontano, catene di negozi, multinazionali di abbigliamento e di cibo.

Entriamo quasi senza rendercene conto nel Parco Lineare di Monte Ciocci e Monte Mario, così incastrato tra i palazzi che Vittorio dice che sembra la high line di New York!

La pausa pranzo ci offre una vista spettacolare della città che anticipa la nostra destinazione di arrivo. È un buon posticino per i “Venticinque passi”, un’esperienza per vivere per qualche minuto la vita di qualcun*altr*, condizionamenti, frustrazione e pregiudizi: all inclusive.

Man mano che il Cupolone si avvicina, pezzi della mappa mentale della città vanno ad incastrarsi tra loro. In quei momenti sembra di riuscire ad abbracciarla tutta, di averne più coscienza.

Su un cartello dentro un giardino che costeggiamo lungo il percorso leggo: “Il viaggio arricchisce, insegna, è maestro di vita. Si invecchia quando si smette di pedalare”. A volte è forse un senso di inquietudine che spinge a muoversi. Ma il “fluire” è tipico della vita e il movimento è anche ciò che ci rende vivi.

Carichi di entusiasmo varchiamo, pellegrini per un giorno, il solenne colonnato di Piazza S. Pietro. Al centro svetta già un altissimo abete rosso, un anticipo dell’atmosfera natalizia in arrivo; poco lontano noi, un ampio cerchio umano, un abbraccio collettivo simbolico che avvolge i protagonisti di questa storia.

Il percorso ufficiale si concluderebbe qui. Ma che davvero la finiamo qui?! Davvero, dopo aver sfidato lo sciopero dei treni, che ci ha obbligato a ridefinire l’organizzazione, vogliamo cedere alle lusinghe di una comoda metro per spostarci verso Casetta Rossa?! Ovviamente no! Finché siamo in ballo, balliamo.. e così all’inizio del crepuscolo, confondendoci tra turisti e passanti del centro, qualcuno di noi decide di proseguire ancora per un paio d’ore, tra piccole deviazioni (di percorso e mentali), brevi tappe improvvisate lungo il cammino e incontri casuali. Sul finire gente che va e gente che viene (un po’ come nel film Forrest Gump nelle scene della corsa!), non so se in modo del tutto casuale o se consapevole del progetto e della sua storia.

Ho chiesto a qualcun* di dirmi tramite concetti e parole chiave cosa abbia rappresentato questa giornata.

Mi hanno parlato di Tumpi, molto attento all’incolumità del gruppo e partecipe (a modo suo) ai momenti di discussione! “D’ora in poi basta applausi, ma solo agitare in alto le mani..”.

Della fatica del percorrere una ventina di km, in analogia con la fatica delle operatrici dei centri anti-violenza (uno dei motivi per cui abbiamo ostinatamente voluto raggiungere il punto di partenza con i mezzi pubblici, nonostante le complicazioni a causa dello sciopero). Dell’accogliere simbolicamente Eva e Pietro nell’ultima tappa, così come la Nona Casa offrirà accoglienza.

Di partecipazione e connessione rispetto ad un tema che lascia attoniti e impotenti, e che coinvolge tutt*, perché gli stereotipi ci formano come società, ma anche come individui. Del fatto che cogliere e creare riflessioni su questi temi rappresenti un primo passo per fare qualcosa, per cambiare.

Della unione di due anime e professionalità in una comunione di ideali e intenti. Un intreccio di avventura-bellezza-solidarietà. Un intreccio di fili di rame, come nei cortocircuiti, tra il cammino, le 43 tappe, e il progetto della Nona Casa.

Di connessioni autentiche e scambi di idee e sorrisi.

Ma infine è stata anche una semplice giornata di svago e (soprattutto!) una lotta contro il tempo (e l’orario di chiusura dei bar), rincorrendo, in più istanti, il sogno di una fumante dose di caffeina!

Con uno spicchio di luna in cielo, giungiamo finalmente a Casetta Rossa, accolti dai calorosi applausi del cerchio transfemminista e di altri amici e sostenitori (non sanno delle inclinazioni di Tumpi..).

Stanchi, ma così carichi per la giornata trascorsa e ancora vogliosi di condivisione, non riusciamo nemmeno a sederci e goderci un meritato ristoro.

Al prossimo cammino!

Grazie a Minù, Endriu, Paolo, Silvia e Vittorio per lo scambio di impressioni e aver così ispirato il racconto della giornata 🙂

femminista

06.05 // EVA – Sentiero Urbano

Appuntamento in Piazza Bertarelli, h 14.30

EVA è un Sentiero Urbano sulle tracce del femminismo a Milano.
EVA è Escursionismo che Va Altrove per provare a raccontare una storia di resistenza e liberazione, troppo spesso oscurata da una descrizione mainstream e stereotipata di femminismo.

EVA attraversa la città, percorrendo alcune delle vie aperte dalle donne nel tempo. Voltandoci indietro e guardando con attenzione, ciò che ci ha colpito é la capacità visionaria delle donne che le hanno tracciate. Come per le vie aperte in montagna, si studia una parete impervia e si segna una strada. É una pratica dell’impossibile.

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