
Sulla due giorni nell’alta Valle del Bidente.
Eravamo molto elettrizzate, finalmente saremo tornate a camminare in compagnia per due giorni, passando la notte insieme, cucinando a più mani, leggendo racconti attorno al camino, giocando a carte: non stavamo nella pelle.
LA PARTENZA
La partenza, come tutte le partenze, è lenta. Un’ape svolazza dall’alba in attesa delle compagne. Dopo mezz’ora di caffè, di attese e di carico baule ci siamo. La punta sarà a Santa Sofia con una ragazza che viene da Faenza e con altre due api che ci raggiungeranno dall’Appennino. L’incontro a Santa Sofia è importante perché una volta imboccata la strada per il rifugio, il cellulare smetterà di prendere. Che pace.
TRAPPISA DI SOTTO
L’aria è fresca, i paesaggi mozzafiato, fitti boschi e pochissime case. Il rifugio Trappisa di sotto è immerso nel verde di un bosco denso e profumato. Una struttura che trasuda storia.
Le nostre gambe scalpitano, non vediamo l’ora di partire. Il superfluo dagli zaini viene riposto in rifugio insieme ai viveri per la cena con una velocità inaspettata: in un lampo siamo in cammino. Frizzanti e con le borraccie piene d’acqua di montagna (non più quella della Bolognina) ci dirigiamo verso Rio Salso, per il sentiero CAI 213A. Imboccato da poco il percorso, incontriamo una grande pozza e i quattro cani del gruppo non ci pensano due volte a farsi un bagno rigenerante nelle sue acque gelide. Che temerari… e che invidia.
RIO SALSO ASSASSINI
Arriviamo al meraviglioso borgo abbandonato, fino a poco tempo fa ritrovo privato di alcuni cacciatori della zona che avevano recintato parti di bosco a riserva di caccia. Capiamo il perché della scritta trovata alcuni passi prima sul muro di un rudere. Le fantasie di molte cominciano a galoppare: “Quest’area sarà la sede di Ape Bologna!” e raccogliendo della (forse) maggiorana (o forse no), ci riposiamo quanto basta per arrivare all’edificio diroccato che fu la chiesa di San Salvatore. Qui, all’improvviso, alcune api cominciano a intonare le canzoni catto-scout che tutte odiamo, ma che poi tutte conosciamo: l’ironia del gruppo vola altissimo.
LA VOLPE
Giungiamo a Trappisa di sotto per il pranzo, comodamente sedute, chi in terra chi sulle panche di legno. Neanche il tempo di addentare il desiderato panino, che un’insolita compagna si acciambella a pochi metri da noi: una volpe rossa che aspetta il nostro cibo, con quella naturale pazienza che gli uomini hanno smesso di avere, per niente intimorita dagli abbai d’avvertimento dei nostri ferocissimi cani – Pollon in prima linea, pronta a sfidarla con una lama tra le zanne. Dopo essersi resa conto di aver trovato un gruppo di umani assai avari (ma si sa che agli animali del bosco non fanno bene panini e cioccolata) si allontana offesa.
IL SENTIERO PARTIGIANO
Riprendiamo il cammino e in breve arriviamo al borgo di Strabatenza. Qui facciamo rifornimento di acqua fresca a una delle fonti presenti lungo il percorso. Guidate dalle stelle rosse, inconfondibili segnavia, imbocchiamo il sentiero del partigiano Janosik, nome di battaglia di Giorgio Ceredi (1925-2016). Questi luoghi hanno cambiato la storia offrendo rifugio nelle tante casupole di mattoni, oggi ridotte in ruderi avvolti dal fascino e dall’edera, ai partigiani del Secondo Distaccamento dell’VIII Brigata Garibaldi “Romagna”.
Completato il percorso ad anello, arriviamo in rifugio dopo circa tre ore, forse stanche, forse affamate e sicuramente assetate. Lasciamo cadere a terra gli scarponi per far spazio a quella convivialità che non vivevamo da tempo. Pasta e fagioli ci sazia, il vino ci ristora, le letture attorno al camino ci deliziano. E’ tempo di dormire, domani ci aspetta la salita!
LA SALITA
Alcune compagne ci raggiungono la mattina fresche come rose, una di noi per errore ha dormito avvolta nella coperta termica dei cani, ma al mattino gioisce nell’aver schivato la “ricompattazione” del sacco a pelo; altre hanno voluto provare la loro nuova macchina camperizzata sperando nell’avvistamento notturno di qualche passante selvatico. La mattina ha l’oro in bocca ma per noi la mattina è tempo di pulizia e riordino in quel rifugio che ci ha accolte. Un giro al chiavistello ed è il momento di rimettersi in marcia.
Alcune api soffrono la perfida rigidità degli scarponi nuovi e decidono di fermarsi. Le ritroveremo a fine giornata per una birretta a Santa Sofia. La salita non è mai semplice, sopratutto se il dislivello è tanto, se il sudore gronda, se la pioggia batte. Proprio lei, sul punto panoramico in vetta si fa più severa: poco importa, siamo felici di essere arrivate in cima e il manto grigio che avvolge le montagne non diminuisce certo il loro fascino. Compatte arriviamo a Casanova dell’Alpe, compatte arriviamo dove dobbiamo arrivare. E’ avanzata della pasta e fagioli dalla sera prima: le più coraggiose (e affamate) di noi ne approfittano.
Nido di processionarie sull’albero, lampascioni, ranuncoli, cardamini, pimpinella, orchiedee selvatiche, ellebori e poi frassini, abeti, querce e un fungo a forma di palla bianca (Non è una loffa di lupa ma una Sarcosphaera Coronaria)…un tripudio di colori: neanche il più bravo dei pittori riuscirebbe a riproporre quelle innumerevoli sfumature di verde, rosa, giallo che si estendono davanti a noi.
LA DISCESA
La discesa spacca ginocchia, il fango che ci riporta con i pensieri e il sorriso sulla bocca all’uscita più fangosa di Ape Bologna e ancora la località di Pietrapazza, con quel torrente che ha scavato la roccia creando bacini lisci come piscine. Qualche ape accusa dolore alle ginocchia, ma con il sostegno dell’alveare (e delle bacchette!) arriviamo tutte a destinazione.
Siamo alla fine, si intravedono le macchine. Ci salutiamo, il silenzio lascia spazio a qualche passante, diverse macchine, un’ora e mezza di coda in autostrada. Sulla via del ritorno ecco il primo beep, avviso di messaggio ricevuto, beep avviso di messaggio ricevuto, beep avviso di messaggio ricevuto, e ancora e ancora beep…..”NOOOOO!
Il cellulare squilla, è tutto finito. E’ subito nostalgia della pace e del silenzio.
Ma pur bisogna tornar! L’essenziale, quello che ci fa stare bene, è invisibile agli occhi… e lontano dalle orecchie.