Di ritorno dalla Val D’Otro: una (non) ciaspolata al sole primaverile

6 aprile 2025. È arrivata la primavera e si torna a camminare.

La mia seconda gita apeina mi porta in Val D’Otro, in Valsesia, dove i villaggi Walser – piccoli agglomerati di case in legno con la tipica struttura a telaio, dove un tempo vivevano le popolazioni alemanniche emigrate in epoca medievale dal Vallese – si incastrano tra le montagne.

Il dislivello è circa 700, un po’ di più di quello che ho fatto la prima volta ma comunque meno di quello che ho fatto a gennaio in un trekking mortale in Guatemala. La scheda dice che il percorso non presenta particolari difficoltà, la fonte descrive le pendenze come mai estremamente faticose. Credo a tutto e mi iscrivo. Serviranno probabilmente ciaspole e i ramponcini. 

Ciaspole: ricordatevi questa parola.
Ci ritorneremo.

Appuntamento alle 6.30 a Piano Terra. La sveglia è faticosa e non so come diavolo incastrare le ciaspole nello zaino. Si parte carichi, io in macchina con Giovanni che non sa ancora che diventerò il suo accollo per tutta la giornata. La giornata è strepitosa, il cielo è azzurrissimo e fa un caldo che sembra giugno. 

La salita inizia con delle scale che ci portano al sentiero, che è, immediatamente, pesantemente in salita. La (mia) prima ora è faticosa. I miei compagni sanno che non mi devono parlare, memori della prima gita insieme e mi stanno dietro o davanti chiacchierando, mentre io mi chiedo come mi viene in mente, ogni volta, di fare queste cose. 

Vado LENTISSIMA.
In un tratto mi supera un bambino di 4 anni.
La montagna è democratica, ma spietata.

Praticamente 600 dei 700 metri di dislivello sono concentrati in questo primo tratto, che porta al rifugio Zar Senni, e che dura circa un’oretta, quasi tutto piuttosto riparato dagli alberi. Il rifugio si trova a 1664 metri: lì iniziamo a vedere un po’ di neve e troviamo le prime case Walser, che spuntano bellissime nel bianco. 

Breve sosta, prendiamo un po’ di sole e mangiamo uno snack: il pranzo lo faremo a Pianmisura, leggermente più in alto. Da qui la salita è dolce, alcuni tratti sono pianeggianti e potremmo farli con le ciaspole ma nessuno ha voglia di metterle, e affondiamo a tratti nella neve soffice e bella alta, che quando ci infili dentro arriva a volte fino al ginocchio.

Guadiamo un mini torrentello, riesco a metterci lo scarpone dentro nonostante i sassi che Giovanni ha messo per aiutare il passaggio. Calze e scarponi bagnati. Note to self: nello zaino della prossima gita metti dei calzini di ricambio.

Pochi metri e siamo a Pianmisura. Via gli scarponi, si mangia al sole. Potrei stare qui ore, seduta con la schiena appoggiata al portone chiuso della chiesetta davanti alla quale ci accampiamo. Ma ci aspetta la discesa, che faremo, finalmente, con le ciaspole.

La prima parte della discesa mi mette in difficoltà: siamo in discesa, le ciaspole sono grandi e non facilissime da gestire. Le devo togliere per riguadare il corrente, ma poi le rimetto male e il solito Giovanni mi deve aiutare ad allacciarle. Credo di dovergli una birra.

Di nuovo terra, di nuovo senza ciaspole. Alla terza distesa di neve che richiederebbe, volendo, le ciaspole, siamo tutti decisi farne a meno preferendo decisamente affondare nella neve non troppo alta piuttosto che rimetterle di nuovo per 10 minuti. Solo Mauro persiste, e ci avviamo in 3 mentre le indossa. Ci fermiamo a un bivio per aspettare chi è rimasto leggermente indietro, e Mauro arriva con le ciaspole in mano, le cinghie rotte, ridendo. Gli altri ancora indietro, forse un po’ troppo per quei pochi metri pendenza zero. E poi arrivano: Giovanni con lo scarpone che si è scollato sul retro, riparato alla meglio con lo scotch, importantissimo da portare sempre in escursione.

Si è fatto tardi e decidiamo di modificare un po’ l’anello, scendendo da un’altra strada, più rapida e anche più dolce nella discesa, costeggiando il fiume immersi in un bel panorama, cullati dal rumore dell’acqua.
Un’oretta e siamo alle macchine. Tempo di un pit stop a bere qualcosa e fermarci a fare rifornimento di formaggi dal signor Luciano, stagionatore di professione, che ci fa assaggiare qualche toma particolare della zona, e poi in strada verso Milano.

Alla prossima gita!

Francesca, per APE Milano

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