Maledetta primavera
Scusate il ritardo.
Noi dell’Infra amiamo i ritardi, i rimandi a un mercoledì futurabile tanto, si sa, che chi cammina al centro della settimana è un patologico fancazzista. Il motivo? La pioggia. La nuvoletta nera e bastarda che immancabilmente ci impone di rimettere scarponi e bacchette nei luoghi domestici più asciutti e tristi: gli armadi.
Ma oggi è il giorno giusto, sono carico a molla nulla può ostacolare il mio passo deciso e sicuro…finchè non butto l’occhio sul calendario. E’ mercoledì 17. Fanculo. Maledetta Primavera.
Mi vesto come un sommozzatore, esco di casa con il buio in una città fintamente morta con un tram pieno di disperati che vanno a lavorare per sopravvivere e io che fisso i miei scarponi sporchi di fango e ricordi.
Chi scenderà in campo per l’Infra a questo giro?
Ripasso la scheda tecnica che mi ricorda che faremo l’anello Morbegno-Bema e mi sembra naturale che presto incontrerò la compagnia.
Arrivo troppo presto in Stazione Centrale e inizio a ingaggiare un duello di sguardi western con un tipo che sembra più un cosplayer che una guardia giurata. Il suo obiettivo mattutino è semplice: non far appoggiare le persone al mega poster della Moncler.
Chissà se quelli della design week avranno mai camminato in salita?
Non riesco ad elaborare risposte credibili in quanto impatto in rapida sequenza con il saluto energetico di Luca, le frasi incazzose di Marti, il bastone da sherpa di Zuma e la delicatezza di Irene. Dopo un breve check-in mentale iniziamo a capire dove è finita Tibi e con una mossa studiata nei minimi dettagli ognuno di noi scatta in un differente punto cardinale per poi magicamente incontrarsi davanti al binario e (ri)trovarla con la scusante che era convinta che il ritrovo era venti minuti più in là.
Bianconiglio scansati.
Ci siamo tutti, chi con il biglietto a tutto schermo, chi continua a ostinarsi ad averlo cartaceo e chi sale dopo. Benvenuto Luca II.
Morbegno ci accoglie con le palpebre ancora calanti e gli sbadigli della combriccola si fanno sentire. Urge un bar. Selezioniamo il Bar Bello, pardon Bar 7 Bello per il consueto ordine all’italiana: sette caffè differenti in altrettanti contenitori ceramici accompagnati da tipi di latte sentiti solo su Quark.
Si inizia a camminare con il naso all’insù in direzione Sacco con le gambe che iniziano a carburare e le chiacchiere che diventano discorsi per conoscersi meglio. Il primo pezzo è tosto, bosco sentiero e fiatone ma non demordiamo e imbocchiamo la lingua d’asfalto principale che ci porta dritta dritta in un punto panoramico mozzafiato: la Valgerola in tutta il suo splendore con Bema abbarbicata sull’altra sponda della valle a strizzarci l’occhio, al nostro fianco una chiesetta super instagrammabile e alle nostre spalle un cimitero tanto per ricordarci che la triste mietitrice è sempre in mezzo a noi.
Dopo esserci rinfoncillati di sostanze energetiche provenienti da madre natura nel gruppo scoppia il momento “club del libro” con Josè Saramago che ne diventa l’idolo incontrastato per poi essere scalzato da un ritrovamento inaspettato: una discoteca rigorosamente per Over 25 all’interno di una casa all’apparenza disabitata.
Siamo ancora dentro al tunnel del divertimento.
Tra alti e bassi arriviamo al “ponte della sorte” in cui il torrente Bitto forma innumerevoli mini cascate dalla spuma bianca e non possiamo esimerci dalla foto di rito con il bandierone giallo APE e un lungo sentito applauso da convention a Luca per la scelta del percorso.
Gli applausi diventano insulti quando usciamo dal sentiero per immetterci nell’ultima salita asfaltata verso Bema. Il più ululante è Zuma che per scaricare i brutti pensieri ci racconta del suo viaggio con Cecio. E’ un piacere sentirlo, gli aneddoti, le motivazioni che lo hanno spinto a viaggiare con un asino e su quanto sia difficile farlo ragionare.
In una mezz’ora entriamo a Bema e siamo delusi dal non vedere il sindaco pronto ad accoglierci ma superiamo questo shock trovando il nostro tavolo pergolato che ci consente di far riposare le nostre stanche membra. Al sole si schiatta dal caldo, all’ombra si gela. Il cambiamento climatico è già realtà.
Il vino scorre a fiumi in bicchieri di plastica dai messaggi politici interessanti e scopriamo che Bema è sia la patria del fungo porcino che della polenta taragna, dipende solo dal verso in cui entri in paese.
Luca II, Zuma e la Marti decidono di fare le lucertole al sole e così io Luca, Tibi ed Irene decidiamo di fare i sociali giocando ad un gioco di carte in cui costruire sentieri colorati il più incasinati possibile. Tutto sembra andare a gonfie vele, abbiamo capito le regole, ci scambiamo le carte a ritmi regolari e dovremmo iniziare a calcolare i punti quando una serie di raffiche di vento mandano tutto all’aria, carte comprese.
Progettare nuove strade non è mai così semplice come sembra.
Con la pancia piena si scende in picchiata in un sentiero talmente pieno di foglie secche scivolose che sembra una pista da bob e siccome qui si odiano le olimpiadi di Milano-Cortina a ogni puntamento di tallone partono sonore bestemmie.
Ora la strada è diventata un biscione pieno di curve, pareti rocciose e incrociamo qualche sporadica macchina sfrecciante ma ci fermiamo comunque per ammirare la geometria perfetta della natura, dove tutto ha un senso, degna di essere ammirata a bocca aperta e con gli occhi luccicanti di gioia. E poi, all’improvviso, l’incontro più incredibile della giornata: la Sfinge di Bema. Difficile da spiegare, complicata da trovare, impensabile immaginarla ma ognuno della comitiva prova a farlo, puntando sulla spiegazione della nitidezza del profilo (Tibi e Irene) o sulle ali che sono lì, scolpite nella roccia (Marti) e chi ci scherza su vedendo eliche roteanti (Luca).
In sostanza, che cos’è la Sfinge di Bema? Beh, a parer mio, la Sfinge di Bema è una CAGATA PAZZESCA!!!!
Il gruppo si ricompatta e si allunga come una fisarmonica romagnola ma in un lampo siamo tornati a Morbegno, con il vento freddo di Sondrio a ricordarci che il mare, a queste latitudini, ha l’acqua dolce delle trote.
Siamo stanchi in attesa del treno del ritorno, incrociamo sulla banchina un ragazzo con le spille di +Europa sullo zaino intento a fumare un sigaro. Anche i radicali si sono completamente rammolliti.
La corsa per prendere i posti a sedere vicini per tutti ci porta ad occupare la prima classe, che fa da scenario alla comparsa dei primi dolori articolari: ginocchia, caviglie, schiena, piedi nulla si salva.
Arrivati in Centrale notiamo, nel consueto caos da formicaio turistico, una fila enorme per tornare in svizzera e pensiamo quanto siano stronzi i ricchi non tanto per il loro ingente patrimonio ma perché se dovessero, un giorno, partecipare ad un Ape Infra lo farebbero con le espadrillas di Gucci.
Una delle più belle escursioni dell’Infra, per il paesaggio, per i suoni della natura, per la compagnia umana intensa e interessante con la montagna che, ancora una volta, ci premia dopo lunghe ore di fatica.
Se anche tu sei un fancazzista del metà settimana, ora non hai più scuse: al prossimo appuntamento ti vogliamo con noi per condividere il viaggio che è, dopo tutto, continuare a conoscersi e a volersi bene.