La Val Biandino val bene una pioggia
Le previsioni erano chiare: deboli piogge continue e persistenti dalle parti di Introbio, in Valsassina.
Sono le 6 del mattino, la città è buia e dorme ancora, c’è un’aria resa leggera dalla pioggia notturna e ci incamminiamo verso l’appuntamento alla sede apeina, Piano Terra, dove arriviamo tra volti nuovi in corso d’opera di tesseramento e volti noti assonnati e impazienti di partire. Il tempo promette una tollerante umidità che può lasciarci sperare di percorrere il sentiero previsto fino al rifugio Santa Rita senza burrasche.
Partiamo speranzosi, un rapido check dell’attrezzatura, una giacca presa in prestito, un paio di bastoncini extra, sguardi sorridenti e una risata di incoraggiamento, pensando agli amici o alle fidanzate/i che ci hanno preso in giro la sera prima per il nostro gagliardo programma di salire in montagna andando incontro a nuvoloni neri di maltempo.
La strada è dritta e deserta, usciamo da Milano in una foschia grigia che non si dirada, ci avviciniamo finalmente alle montagne, il triangolo lariano, poi le valli delle brigate partigiane: cammineremo lungo il sentiero attraverso cui, proprio in questi giorni di ottobre del 1944, la 55° Brigata Rosselli è stata costretta alla ritirata dalle truppe nazi-fasciste. Una lapide all’inizio del sentiero ricorda i nomi di questi ragazzi, appena ventenni, colti sui sentieri pietrosi e scoscesi di questi luoghi, in cui ancora vengono ricordati.
La sosta caffè è d’obbligo. Ci troviamo tutti all’appuntamento prefissato e lentamente ci prepariamo a camminare, sotto una leggerissima pioggia sottile: un gruppo di mantelle lunghe e cappucci impermeabili, neri, verdi o fucsia fluorescente, si incammina su per la strada che dal paese di Introbio conduce verso il rifugio Tavecchia, per un tratto asfaltata, per poi aprirsi sulla Val Biandino e ancora oltre sulla Val Gerola, con i monti attorno che fanno da cornice.
I primi passi ci vedono ancora chiacchierare, mentre notiamo salamandre spuntare fuori dai muschi dei muretti a secco e letti di castagne sparsi sul sentiero, che la pioggia e le foglie autunnali rendono leggermente scivoloso. Giunti nei pressi della lapide che ricorda i nomi dei partigiani della 55° Rosselli superiamo un’enorme pozza d’acqua stagnante, cominciamo a salire e subito pieghiamo a sinistra, dove il sentiero si restringe e si inerpica, come una sorta di scala naturale, in mezzo al bosco.
Camminare in montagna ha qualcosa di mistico, ma sotto la pioggia diventa surreale: non passa molto dall’inizio della passeggiata che l’acqua comincia a scrosciare più intensamente e i rami degli alberi sopra di noi ci scaricano tutta quella che non riescono a trattenere, mentre le scarpe attraversano rivoli d’acqua che scorrendo sulle rocce si trasformano rapidamente in ruscelli e pozze.
Siamo circondati dai suoni dell’acqua e ormai non fa più alcuna differenza quella esterna o interna al nostro abbigliamento: cominciamo a maledirci per non avere creduto abbastanza in quest eventualità e per avere sempre sottovalutato la gioia che può darti una buona giacca antipioggia o un copri zaino impermeabile.
Arriviamo a un primo capanno, un piccolo riparo e il gruppo si riunisce sotto la tettoia: chi si cambia la maglietta, chi cerca di valutare quanto bagnati siano gli indumenti che indossa, chi si rende disponibile a dare in prestito una mantella ancora asciutta. Abo chiede se qualcuno vuole ritirarsi, cala il silenzio e scoppia una risata: il pensiero di tornare indietro ci attraversa e scorre via insieme alla pioggia, si rimane uniti e decisi ad arrivare alla meta. Anzi al Tavecchia, e (non) oltre!
A quel punto sappiamo che manca un’ora circa, l’ultimo tratto è duro per la stanchezza, i pantaloni pesanti e le scarpe piene d’acqua, ma non si molla! Siamo silenziosi, ma lesti e con un velo costante di pioggia davanti agli occhi stiamo attenti a superare punti impervi, pietraie, piccole cascate, grotte nascoste (anche quella dove morì il giovane partigiano brianzolo Guerino Besana) saltelliamo da una pietra all’altra per evitare l’acqua scrosciante finché il sentiero, dopo un’ultima leggera salita, ci porta sulla strada dei rifugi. Il Tavecchia è nascosto dietro l’ultima curva!
La pioggia finora ci ha nascosto il meraviglioso paesaggio, ma noi siamo impazienti di cambiarci e finalmente rilassarci, bere e cantare canzoni partigiane con l’ANPI Valsassina: è stata dura, ma ce l’abbiamo fatta e ne siamo felici, ci facciamo riscaldare dal vino, dai pizzoccheri, dal risotto al rosmarino, mentre dalle finestre a tratti il bosco viene quasi cancellato dalla nebbia, per poi mostrarsi quando finalmente la pioggia cessa. E noi, brilli e fin troppo sazi, ci prepariamo a scendere ammirando le cascate dell’interno della valle.
D’accordo, non siamo arrivati al Santa Rita e non abbiamo potuto godere delle meraviglie di queste montagne, ma nell’avversità della pioggia battente ci siamo aiutati e sostenuti e forse non c’era modo migliore per ricordare e onorare la brigata partigiana come quello di salire in montagna nonostante e magari soprattutto per resistere alle nubi incombenti.
Agata per APE Milano