Giuseppe Mayno della Spinetta e i briganti camminanti
Storia di un borgo e dei suoi abitanti
Nel 1792, il borgo di Candelo e le campagne circostanti furono messe a ferro e fuoco dall’esercito del Ducato di Milano. Tutti gli abitanti di Candelo, dal più ricco dei mercanti al più povero contadino dei dintorni, si rifugiarono all’interno del Ricetto, protetti dal pesante portone di legno e dalle spesse mura medievali. L’assedio durò per giorni e poi mesi, si cominciò a razionare le scorte di viveri, ognuno aveva diritto a mezzo tozzo di pane, una manciata di castagne e un bicchiere d’acqua al giorno finché all’interno del ricetto non rimase più un sorso da bere né una briciola da mangiare. I bambini cominciavano a patire i morsi della fame e i vecchi contadini parlavano di sciagure e malattie. Senza alcuna speranza fu deciso che, nel cuore della notte, quattro giovani intrepidi (tra cui un calzolaio di nome Giuseppe Mayno) sarebbero usciti dal ricetto e, senza farsi vedere, complice l’oscurità, avrebbero rubato dei cavalli agli assedianti e raggiunto Sebastiano Ferrero Feschi, signore della città, che si era rifugiato a Torino, protetto dai Savoia, poco prima dell’assedio, avvisato del pericolo da una spia nemica. Giunti a Torino Sebastiano Ferrero pregò i Savoia di portare aiuto agli abitanti di Candelo ma in cambio chiese loro decime ancora più alte sui raccolti dei contadini, la proprietà del mulino, una tassa ingiusta sulla farina e il versamento di un ducato per ogni nucleo familiare.
Stremati dalla fame e dal lungo assedio e non vedendo altre possibilità Mayno e i suoi accettarono in nome dei Candelesi, ma giurarono vendetta a Sebastiano Ferrero. Fu così che liberata Candelo e respinti i nemici con l’aiuto dell’esercito sabaudo, Giuseppe Mayno condusse una rivolta rivendicando la libertà di Candelo e del suo Ricetto dal dominio iniquo del suo signore. Sebastiano Ferrero, con l’aiuto dei Savoia, sedò il tumulto, cacciò Mayno e chi l’aveva seguito dalla cittadella e sequestrò loro gli atti di proprietà dei loro magazzini nel ricetto, dove ogni famiglia custodiva le proprie ricchezze, fossero i frutti del lavoro dei campi o i ducati accumulati nel commercio.
La nobiltà non è un diritto di nascita: è determinata dalle proprie azioni.
Giuseppe Mayno della Spinetta
Sebastiano Ferrero Feschi
Da allora Giuseppe Mayno e i suoi, vissero nascosti nel bosco della Frascheta, che circonda la cittadina di Candelo, spostando spesso i loro nascondigli, accampandosi nelle radure più impervie da raggiungere, sfamandosi grazie alla benevolenza di alcune vecchie conoscenze tra i contadini della zona e guadagnandosi da vivere con veri e propri atti di brigantaggio ai danni dei soli abitanti del Ricetto collusi con Ferrero e i Savoia. Nessuno fu mai ferito o ucciso durante l’assalto dei banditi, i più fortunati si accorgevano appena del loro fulmineo e rocambolesco passaggio, i meno fortunati si ritrovavano legati ad un albero, alleggeriti di tutti i loro averi.
I carabinieri del regno per lungo tempo batterono le foreste nel vano tentativo di catturare i ricercati che, maestri nell’arte del travestimento e espertissimi conoscitori dei sentieri, riuscirono a non essere mai scoperti. Per questo loro continuo errare di luogo in luogo vennero detti briganti camminanti. Si dice che gli eredi di Mayno della Spinetta e degli altri briganti vivano ancora intorno al Ricetto, tentando invano di recuperare le carte di proprietà di cui i loro avi erano stati ingiustamente privati e di riscattare la memoria di chi, per amore di uguaglianza e giustizia, era stato costretto a vivere in esilio.
Sempre più in alto per una nuova umanità!
Sito autoprodotto con CMS WP e tema Yootheme - Privacy policy