Trieste con Linea d'Ombra

Due giorni a Trieste per conoscere da vicino la realtà dell’accoglienza dei migranti della rotta balcanica

Nell’ottica di intensificare la collaborazione tra Ape e le associazioni che assistono i migranti in transito sulla rotta balcanica, siamo stati a Trieste il 3 e 4 febbraio. Eravamo una quindicina di apeine, di cui la maggior parte da Milano e qualcuna da Bologna. L’occasione per tornare nel capoluogo friulano è stata la raccolta di indumenti e le coperte termiche da consegnare a Linea d’Ombra, associazione che dal 2019 presta assistenza ai migranti nel piazzale della stazione ferroviaria, organizzata poco prima di Natale e a cui hanno dato il loro straordinario contributo anche i bambini della scuola Duca Degli Abruzzi, dove insegna la nostra apeina Mariangela.

Neanche a farlo apposta, pochi giorni prima della nostra partenza, è uscito nelle sale cinematografiche il docufilm di Andrea Segre, Matteo Calore e Stefano Collizzolli “Trieste è bella di Notte”, che alcune di noi hanno visto per prepararci e sapere di più su ciò che sta avvenendo ai confini tra Italia e Slovenia.

Nel docufilm vengono intervistati diversi ragazzi originari del Pakistan, Bangladesh, India che raccontano di aver raggiunto l’agognata Europa, spesso a piedi, passando per l’Iran, la Turchia, la Grecia, la Macedonia, la Serbia, la Bosnia, la Croazia, la Slovenia e infine l’Italia. Viaggi lunghissimi, soprannominati “game”, perché se la Polizia ti scopre, ti respinge rimandandoti indietro nel paese precedente come un Gioco dell’Oca infinito.

Ero preparata quindi a questo genere di narrazione ma quando il sabato mattina mi sono recata insieme alle altre apeine al centro diurno d’accoglienza della Comunità di San Martino al Campo, l’impatto con la realtà è stato forte. All’interno del centro c’erano una cinquantina di persone, tutti giovani ragazzi tra i 18 e i 40 anni.

Sono visibilmente disorientati ma anche incuriositi e allegri per la nostra presenza amica. Ci presentiamo e iniziamo a chiacchierare; hanno tanta voglia di raccontare. Mohammed, un ragazzo di 23 anni, ci dice che con un suo amico compaesano è partito dal Pakistan e ha trascorso quasi tre anni in Turchia, facendo lavori saltuari per poi andare in Grecia, pagando i trafficanti. In Grecia però non si è trovato bene e così ha deciso di proseguire il viaggio fino in Italia. Qui ha voluto presentare domanda di protezione internazionale alla Questura di Trieste e ci ha mostrato un foglio dove la Questura lo invita a presentarsi con la documentazione necessaria per l’istanza: l’appuntamento è fissato per novembre 2023 (quando scriviamo siamo a febbraio dello stesso anno!). E come lui tanti altri. I ragazzi ci sorridono, ci dicono che desiderano restare in Italia perché le persone sono accoglienti. Qualcuno di loro ha amici o parenti a Torino e Milano.

Parliamo poi con Davide che coordina il Centro Diurno della Comunità di San Martino al Campo. Ci racconta che dopo i due anni di pandemia, relativamente tranquilli, sono ripresi massicciamente i flussi migratori tanto che il centro ha allestito anche un dormitorio per senza fissa dimora con 25 posti letto, offrendo agli ospiti anche la cena, la prima colazione e la possibilità di lavarsi e ricevere un cambio d’abiti.

Quando gli chiediamo come è la risposta da parte delle istituzioni, ci risponde che a livello base la relazione è molto collaborativa, ad esempio con le assistenti sociali del Comune, ma man mano che si interfacciano con il livello politico (alti dirigenti e assessori) i rapporti sono più complicati.

Al pomeriggio andiamo a trovare i volontari di Linea d’Ombra nella loro sede all’interno di un palazzo dei primi del ‘900 in via Padovan e consegniamo loro tutto il materiale raccolto (coperte, indumenti, sacchi a pelo, borracce) e anche scatole di biscotti e viveri, utili ai migranti in cammino.

Dopo di che li aspettiamo nel piazzale della stazione che è il luogo di incontro con i migranti e di distribuzione del materiale, dove i volontari si trattengono tutte le sere, con qualsiasi tempo, per curare e rifocillare le persone in transito.

Rientro a Milano con tanti pensieri che affollano la testa. Il primo va al nostro privilegio, spesso dimenticato, di essere nati, per una fatalità o un caso, nella parte “giusta” del mondo.
Il senso di impotenza che ti pervade di fronte a tutta questa gioventù costretta a scelte così difficili e a sperimentare così presto la durezza della vita.

Poi però mi rincuora sentire i loro discorsi da cui traspare la non arrendevolezza, non so se più dettata dall’incoscienza o dal dono della giovinezza che edulcora tutto e dà speranza e il lavoro straordinario dei volontari che non perdono il senso di umanità di fronte allo “straniero”.

Chissà se un giorno esisterà mai un mondo senza confini né dogane, come lo sono i monti, i mari, i fiumi, gli uccelli.

Concludo con le parole del grande Franco Battiato: “Oggi l’uomo crede di essere importante, s’immagina al centro dell’Universo. Invece è zero, niente. E si rende ridicolo pensando di dominare. L’uomo diventa essere straordinario solo se si accetta come minuscolo ingranaggio del sistema naturale”.

Francesca, per APE

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