Di ritorno dalla Valle dell’Orsigna

Bologna, 42 gradi, in casa 10 in meno. Da giorni fremiamo per l’uscita domenicale, si scappa nella valle pistoiese dell’Orsigna, la prima valle dopo il confine bolognese, solcata da torrenti, piena di fonti e coperta da boschi di castagno, faggi e abeti. Speriamo nel refrigerio, ci crediamo e così sarà.

CERCANDO IL FRESCO

Alle 8 fa già un gran caldo, ci contiamo, ci siamo quasi tutte: un’apetta arriverà direttamente all’imbocco del sentiero, una la recuperiamo lungo la strada e una sotto casa. Si parte, con noi anche Rita e Mino, le apette a quattro zampe.

Ci troviamo alla fonte di San Camillo a Lavacchini e dopo aver riempito le borracce seguiamo la strada per alcuni metri per poi prendere il sentiero 5 con direzione Monte Orsigna (1555m). Camminiamo in un bellissimo bosco di castagni che si alterna con faggi e con piccoli abitati. Mentre saliamo veniamo piacevolmente colpiti da un’arietta fresca, percepiamo la presenza dell’acqua, il bosco profuma di bosco, l’odore balsamico ci avvolge, pensiamo a Bologna e ci viene da piangere dall’emozione, siamo al fresco. Ciao città.

La fonte della Gabelletta ci rigenera ulteriormente e anche il giovane e saggio Mino azzarda un bagnetto. Raccogliamo alcuni lamponi e raggiungiamo il Rifugio Porta Franca (1580m), recuperiamo alcune birre, alcune carte escursionistiche della zona bolognese/pistoiese e cerchiamo il “boschetto della mia fantasia” per sostare per il pranzo.

IL PRANZO DISAGIO

Il fresco bosco di abeti si trasforma in crinale assolato, speriamo nella classica arietta da crinale ma sbagliamo. Inizia il pranzo, il sole picchia, l’aria non tira, alcune apette interrompono il pranzo per cercare dell’ombra e l’agognato boschetto. Inizia così il pranzo DISAGIO: raccogli i pezzi, spostati più giù, “lì c’è ombra?”, “oh..ma se entri nel bosco ci riusciamo a sedere?”, “facciamo la foto sul crinale? Senza bandiera ma c’ho la maglietta”. Insomma, alla fine troviamo il boschetto e l’ombra, ci abbarbichiamo lungo il sentiero, tutte tranne il saggio Mino, di traverso, nel piano, sul sentiero. Si farà scavalcare da tutti i camminatori.

Ci scordiamo della foto di rito. 

Da lassù ammiriamo il Corno alle Scale con la sua parete dei Balzi dell’Ora, il Libro Aperto si distingue chiaramente ma le Apuane si scorgono appena, troppa foschia, vediamo anche la piana fiorentina e pratese attanagliata dal caldo. Guardiamo verso sud, un’apetta è volata al Corno Piccolo sul Gran Sasso, abbiamo promesso che ci saremo salutati.

IL REFRIGERIO 

Arriviamo al Passo della Nevaia e notiamo una bandiera che spunta dal bosco, risuona anche una musica folck/celtica, in poco siamo catapultati nel festoso Rifugio del Montanaro, due sguardi tra tutte e via, gambe e ginocchia pronte per la discesa, abbiamo bisogno ancora di alcune ore di tranquillità. Scendiamo per un tratto lungo la strada che porta al rifugio, facendo passare la navetta 4×4 per alcune volte, alcune apette si infastidiscono più di altre per quella presenza. Ma si continua a scendere in pendenti tornanti a gomito (ahiahiai i tendini..!!), non vediamo l’ora di arrivare al guado, al guado dell’Orsigna, per immergere i piedi e far trovare refrigerio alle dita e alle vesciche. Ma nulla, attraversiamo il letto dell’Orsigna, scendendo per un’improvvisata scaletta navale di ferraccio arrugginito, secchissimo. 

Ci accontenteremo della fonte di San Camillo, altro disagio. Pediluvi in piazzetta.

L’arietta tira anche nei paesini, ci fermiamo per una, due, tre birrette.

Ci scordiamo di un’apetta che ci aspettava a fondo valle per aperitivizzare.

Siamo tornate, 40 gradi ma più felici di prima.

Sempre più in alto
per una nuova umanità!

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