Di ritorno dalla Foresta della Lama

E’ finalmente un sabato piovoso, lo aspettavamo da molto. Andavamo ancora a camminare sui sentieri con i vestiti estivo/autunnali, le foglie erano ancora tutte sugli alberi, di un colore insolito per la stagione.

Ma ecco che arrivano freddo e pioggia.

In un misto di chat uozap scorrono messaggi di rinuncia, richieste di conferma dell’uscita e di informazioni su possibili nevicate. Il gruppo della camminata alla foresta della Lama, fino ad allora in overbooking, inizia ad assottigliarsi.

UNA PARTENZA A SINGHIOZZO

La mattina alle 07.30, all’appuntamento, siamo quasi tutte puntuali. Per la prima volta ci sono più auto a disposizione che persone da caricare. Decidiamo di stringerci in modo da non muovere auto in più. Arrivate alla fine della tangenziale ci accorgiamo di essere partite senza due apette che stavano raggiungendo il punto di partenza in bici. Giriamo un’auto e torniamo a prenderle, facendo muovere un’altra macchina che si mette in strada con un po’ di ansia, ultimamente ha avuto dei problemi.. ci manca solo che si rompa lassù. Detto, fatto. Ma andiamo con ordine.

Arriviamo a Badia Prataglia in momenti differenti, le prime auto incontrano l’apetta forlivese che aveva conosciuto APE nei suoi anni vissuti a Milano, ma che non era mai riuscita ad uscire con loro e solo ora, che noi bolognesi siamo scese alle Casentinesi, è riuscita finalmente a conoscere una sezione dell’alveare!

Lasciamo le auto al bivacco Fangacci, cambiamo le scarpe rapidamente e ci vestiamo con quasi tutti gli strati che abbiamo nello zaino. Fa freddo,  finalmente. Ci incamminiamo in fretta verso il Monte Penna provando a scaldarci con la salita, l’aria tira ed è gelidina.

LA NEBBIA, LA NEVE, IL SOLE

Le prime ad arrivare in cima riescono a vedere la diga di Ridracoli, è azzurra ed abbastanza piena d’acqua, dopo le ultime settimane di secca impressionante. Le nuvole e la nebbia ci avvolgono completamente, ci immaginiamo il belvedere e riprendiamo il cammino.

I colori rosso arancio della faggeta ci ipnotizzano, la foresta trasuda acqua, l’umidità sale dal sottobosco e improvvisamente ci troviamo con gli scarponi bianchi: la prima neve, solo una piccola traccia, ma basta quella a farci gioire come bimbi.

Verso mezzogiorno e mezzo facciamo una pausa rapida al Passo Bertesca. Tira troppo vento freddo per fermarsi a banchettare e decidiamo di mangiare più in basso. Inizia quindi la discesa verso la palude della Lama seguendo il cai 223. Perdiamo rapidamente quota, lungo il Fosso dei Forconali scendiamo di 550m di dislivello tra stupende abetaie e faggete maestose, il torrente ingrossato dalla neve e dalla pioggia degli ultimi giorni crea delle bellissime cascate e divertenti giochi d’acqua con le rocce poste lungo il suo cammino. Ci soffermiamo sul faggio seduto, un lungo e sinuoso albero con le radici a cavalcioni di un masso rivestito di muschio. 

Ci chiediamo come sia stato possibile, quanta voglia di vivere avesse quel faggio. 

Arrivate alla Lama ci aspetta un guado, semplice, ma da studiare con attenzione, ogni apetta cerca il passaggio migliore e meno bagnato. Alcune lo trovano più facilmente di altre e un’apetta prova anche a costruire un ponte con delle pietre per la collettività, ma riesce solo a fare un mezzo bagno all’ape che si trova malauguratamente al suo fianco. 

Ci diamo tempo mezz’ora per pranzare al sole, sono le 15 e alle 17 farà buio e pur avendo tutte la frontale ci piacerebbe tornare all’imbrunire. Pane, formaggio, vino, uova sode, orsetti gommosi, arachidi pralinate, tisane e borghetti. L’importante è non abbuffarsi, ora ci aspetta la salita, dobbiamo recuperare quota e con la pancia piena non è così facile!

LA RISALITA

Attraversiamo la zona paludosa, un cartello ci mette in allerta: “Attenzione anfibi”, proviamo a scovare qualche tritone colorato (o un paio di stivali) ma nulla..peccato!

La Lama scorre tra le rocce e noi iniziamo a salire, su scaloni umidi e scivolosi tra felci e sottobosco bagnato, ci sembra di essere in una foresta equatoriale!

Rientrate nel bosco ci sorprende la Cascata degli Scalandrini, uno scivolo di acqua in un prato rosso di foglie, la luce sta scendendo, gli occhi iniziano ad abituarsi al crepuscolo.

Ultima segnaletica, non si legge il minutaggio, ma una voce urla “dieci minuti e ci siamo” arriviamo alle 17, perfette! Senza frontale riusciamo a trovare il barile pieno di birrette che il bivacco Fangacci mette a disposizione ad offerta libera!

Brindisino veloce, tracanniamo le lattine, scende il buio, arriva il freddo.

Ci diamo appuntamento ad un baretto a Bagno di Romagna, lo troviamo chiuso, ronziamo ancora un po’, arriviamo a San Piero in Bagno e lì facciamo una sosta calda con birrone!

Stiamo per andare, incontriamo un ragazzo del rifugio autogestito Trappisa, facciamo due chiacchiere e promettiamo di tornare a trovarli, sempre con il nostro disagio e la nostra umanità!

Alla prossima, bbbzzzzzzzzzzzzzzz

Sempre più in alto
per una nuova umanità!

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