Ape Forte di Orino

Di ritorno dal Forte di Orino

Il racconto a cura di Lorenzo per APE Milano della gita infrasettimanale al Forte di Orino del 17 maggio 2023.

In questo periodo per me Milano è solo caos, cemento e turismo di massa. Dal mio covo smart working pensavo spesso di staccare la spina, di tornare a contatto con la natura a respirare aria più pulita, per sentire cinguettii e non clacson e insulti al quinto grado familiare. Mi mancava la piccola spintarella per ritornare a far girare le gambe, per parlare con persone sconosciute di argomenti randomici che facessero riprendere a correre i miei neuroni troppo focalizzati sul lavoro.

Un lampo misto a illuminazione naturistica mi fanno ricordare che sono iscritto ad A.P.E. Come diavolo ho potuto dimenticarlo. Ci sono una miriade di escursioni da far giare la testa. Scelgo quella per la salita al forte di Orino, il mercoledì, giorno perfetto per mandare affanculo capi, riunioni e incomprensioni tra colleghi.

Appuntamento al binario 2 di Cadorna, per arrivarci mi sveglio prestissimo e scopro quanto sia bella e silenziosa Milano all’alba.

Sono già sulla banchina ben venti minuti prima e aspetto in trepida attesa i miei compagni di camminata, che arrivano puntuali con zaino in spalla e sorrisi cordiali che ti mettono subito a tuo agio.

Il treno regionale per Varese Nord è una piccola bomboniera: pulito, silenzioso, con il bigliettaio che ti controlla veramente la validità del biglietto! Wow. Siamo piacevolmente sorpresi che diventa subito un argomento di discussione. Aiuta il fatto che siamo disposti come i Navy Seals in missione aerea.

Varese Nord fa abbastanza schifo e trovare il pullman N22 ancora peggio. Un conducente dalla parlata decisamente non autoctona ci indica la via per trovarlo. Il nuovo hub corrieristico è costruito considerando il piano regolatore un optional non dei più importanti. E si vede. Ma non c’è tempo per le lamentele siamo già in fila per obliterare un biglietto elettronico che non sente ragioni di farsi validare. La tecnologia ha la capacità di essere croce e delizia nello stesso istante.

Ci disponiamo a scacchiere, ognuno come “compagno di sedile” il proprio zaino e penso a quanti legami, inconsciamente, abbiamo con esso.

Mentre parliamo del più e del meno, dietro di me una ragazza cerca di rassicurare al telefono che sulla riviera romagnola è tutto ok, che si può andare a farsi il week end, a maggio, con meno di venti gradi. Beata gioventù.

Arrivati all’inizio del sentiero, Martina la nostra fidata guida, ci comunica che si parte subito forte e i polpacci rispondono affermativamente.

La giornata è grigia e il cielo è coperto ma il percorso risulta piacevolmente camminabile visto che ci si immerge quasi subito dentro un bosco calmo ma con tratti spettrali. La comitiva inizia a conoscersi, il passo diventa più spedito agevolati anche dagli scatti fotografici di Luca che immortala scene di ordinaria fatica di montagna. Adelchi viene eletto, senza nemmeno finire lo spoglio dei voti, a Mister Fotogenia.

Ci fermiamo all’imbocco delle grotte, non visitabili senza una guida locale e sentiamo che ci stiamo perdendo qualcosa di bello e inconsueto, ma la salita si fa sempre più dura e il mio fiato diventa puro affanno mentre la nebbia e il freddo iniziano a cingerci come in un fraterno abbraccio.

In montagna dopo la fatica c’è sempre la ricompensa e la nostra è duplice: una mulattiera pianeggiante e un insetto talmente bello e indecifrabile che diventa inevitabilmente il modello naturistico per scatti apeini di prima classe.

Arrivati in cima la fortezza ci accoglie con le sue rovine e il freddo ormai è una glaciale realtà. Dopo il classico scatto da conquista di gruppo, ci rifugiamo nella casetta del viandante per mangiare un boccone stretti stretti condividendo cibo vegano, vino rosso e idee fashion su dove attaccare gli sticker made in APE.

Si dovrebbe vedere un paesaggio mozzafiato, tra Monterosa e il lago maggiore con i suoi isolotti. Lo immaginiamo come se avessimo dei visori AR/VR perché la nebbia ha deciso di ricordarci che arriviamo da Milano e ci tocca tenercela.

Si riparte per la discesa ed è l’inizio della nostra breve ma intensa storia del terrore.

Dopo pochi passi inizia a piovere o meglio la comitiva ha la sensazione che piova ma finché Martina non lo certifica le gocce sono solo nella nostra mente che inizia a farci altri brutti scherzi. Le dita iniziano a perdere sensibilità,a uno, due tre persone nel giro di qualche minuto. La vegetazione inizia a diventare brulla, alberi morti ai lati del sentiero gettano un ombra sinistra sul nostro morale. Cerchiamo il cibo psicotico che sta causando questa allucinazione collettiva ma non troviamo nemmeno un sospetto degno di nota. Per completare il thriller troviamo una talpa morta sul sentiero. Non dovrebbe essere lì, non dovrebbe essere intatta, non dovremmo avere la mani come Edward.

Finalmente Martina certifica che sta piovendo e così ci troviamo in fila indiana come se fossimo la compagnia dell’anello. I sassi diventano scivolosi, le mantelline ci fanno fare la sauna, ma bisogna andare avanti, sconfiggere maledizioni e senso dell’orientamento che ci fa sempre trovare indicazioni per il Monte Morto. Ci mancava pure questa.

Tra chiacchiere, risate, scivoloni e improbabile leggende della paura ci ritroviamo a valle, a prendere il treno per il ritorno. Siamo stanchi ma felici e troviamo il tempo per cimentarci nelle dark stories in cui ingegno, curiosità e domande ti aiutano a dare un senso a storie che solo all’apparenza non ne hanno.

E’ stata una bellissima giornata, APE Infra si dimostra un toccasana per corpo e mente, per ricordarti che la montagna va vissuta passo dopo passo con compagni di viaggio che condividono la tua stessa passione, staccando dalla routine quotidiana con la punta del naso all’insù, con lo sguardo verso la cima per sentirsi per qualche momento in un angolo di paradiso.

Lorenzo per APE Milano

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