Di ritorno dal Corno senza (r)impianti!

-“devo portare i ramponi?”

-“ciao, domenica voglio partecipare alla camminata ma non ho attrezzatura”

-“ma servono per forza le ciaspole?”

Domenica 9 febbraio assieme a i Sollevamenti della Terra, Boschilla e una 20ina di solidali siamo andate al Passo della Croce Arcana per ribadire la contrarietà al progetto che prevede una nuova seggiovia “Polla – Scaffaiolo”, ennesimo impianto di risalita sul Corno alle Scale che sottolinea la visione socio-economica devastante che le istituzioni hanno dell’Appennino. 

Si tratta di una nuova seggiovia che collegherà il parcheggio delle Polle al lago Scaffaiolo, con una spesa di 7 milioni di euro, più i costi di demolizione della già esistente e funzionante seggiovia. Il tracciato rimarrebbe quasi lo stesso, ma si allungherebbe di 200metri.

L’intenzione iniziale di andare nelle vicinanze degli impianti del Corno alle Scale è stata accantonata perché il sentiero viene interrotto dalle piste e il rischio di collisione con uno sciatore è pari a quello di farsi investire da un turista in monopattino in centro a Bologna. Nel dolce Appenino poi il crinale spesso è ghiacciato per cui anche l’idea di arrivare al Corno dalla vicina Croce Arcana viene quasi subito accantonata, sconsigliando il crinale a chiunque non fosse espert* di montagna e attrezzato.

Il Passo della Croce Arcana non e’ intaccato dal progetto di ampliamento della seggiovia La Polla-Scaffaiolo ma e’ comunque attraversata da una strada che si vorrebbe asfaltare e che, di recente, si è deciso di aprire d’estate aumentando la presenza di turismo instagrammabile e veicoli a motore nel fragile contesto del crinale, in cui passa il sentiero cai 00 dell’Alta Via dei Parchi che porta dal parmense fino alle Marche lungo la dorsale appenninica.

Nei giorni prima della partenza si susseguono chiamate e messaggi segnati dalla paura che questa camminata si debba rimandare a causa del meteo. Pare che domenica 9 sia l’unico vero giorno di neve da quando e’ iniziato l’anno e uno dei pochi della stagione. Che culo. Ma la montagna nonsiarrende, e noi nemmeno. Comunque valutiamo per bene le condizioni meteo, l’approccio avventato e consumistico non sta nelle corde di Ape e siamo pronte a tornare indietro senza (r)impianti.

-“si va lo stesso?” 

-“si!” 

Sveglia alle 6 di domenica, c’è chi è  appena rientrato dalla serata e salta la camminata, chi arriva non colazionato, chi deve prendere i panini. Niente di nuovo, insomma.

Incredibilmente arriviamo alla punta ad Ospitale in anticipo. La strada è coperta dal classico “sguazzone” di pioggia e neve insidioso, ma ci rassicurano che il rifugio Capanno Tassoni è aperto e che quindi la strada verrà pulita, ma per sicurezza parcheggiamo giù, forse su non ci sarà posto. 

E allora si cammina, sull’asfalto, sotto la pioggia con la neve tutto intorno che sembra già granita sciolta, arriveremmo fradici. Altro che ramponi, ciaspole, piccozze, qui serviva il poncho.

Lungo la strada ci sorpassano diversi SUV in ambo le direzioni, addirittura una macchina elettrica del marchio di quellola’ del salutoromano (che romano non è, ricordiamolo), ci sentiamo come se fossimo a Cortina ma nell’universo ucronico della Svastica nel Sole. La tentazione di tirare fuori ramponi e piccozza e usarli in modo irregolare balena ad alcune in testa. Ma la montagna e’ di tutti,  anche di chi ci sgasa in faccia, si’.

Poco più’ avanti un furgoncino di solidali ecoteppisti e’ uscito fuori strada ed è rimasto incastrato dopo aver incrociato una delle suddette auto. “Avete bisogno?” “Tranqui, abbiamo già chiamato i soccorsi, ci tirano fuori più’ tardi”.

Al  rifugio perdiamo altri due intrappolati dalla polenta. 

Proseguiamo, la pioggia diminuisce oppure il freddo e la quota aumentano e diventa nevischio, più’ gradevole, almeno non ti infradici subito. Mino, il quadrupede e’ contento, lui e’ un winterdog e non si vive bene il cambiamento climatico, oggi invece saltella e  si tuffa nella neve.

Abbandoniamo la forestale per il sentiero e ci ricordiamo che siamo nei pressi di Croce Arcana, uno dei luoghi con record di vento d’Italia, la nebbia poi ci fa provare la sensazione del white out, meno male che ogni tanto vediamo i santi pali con i segnavia del CAI. 

Chi ha le ciaspole apre la comitiva e spiana il sentiero. Ad una certa incrociamo un signore da solo. Sembra un po’ stranito e sperduto, sicuramente è molto contento di vederci “stavo tornando indietro, non c’è’ traccia del sentiero”. Ci segue.

Giunti vicino al passo c’è qualche comprensibile  titubanza, la bufera continua, intorno a noi e’ tutto bianco, se non conosci il posto e non sai  che sei a 100m della croce ti sembra di stare andando nel nulla. Tirar fuori il cellulare è una’ pessima idea in queste condizioni, si bagna, ti geli le mani, comunque non vedi niente. A fine giornata conteremo un decesso di un amico elettronico, annegato. Ci si affida a chi garantisce che siamo già’ arrivati.

Ed eccola là, all’improviso, la Croce del Passo. Presto presto, tiriamo fuori lo striscione, presto presto facciamo la foto per il sito, presto presto prima che qualcuna intirizzita decida di partire da sola per il  ritorno e si perda. Qualcuno nel frattempo prova a rullarsi una sigaretta, qualcun altra beve tisana calda,  “ma quando si mangia?” “direi giù”. Click…fatta! 

E allora giù, adesso è  più’ tranquilla, la traccia c’è’. Alcuni provano ad usare lo slittino che si erano portati appresso senza tanto successo, questa neve è tanta ma fresca non va bene né per gli sci né per la slitta. Altri provano con i mitici sacchi neri del “rusco”. Sorrisi, guance arossate. 

Arrivate al rifugio, un birrino, una grappa, i panini al calduccio per Mino e gli umani che lo accompagnano. Calduccio… e quindi vestiti e scarpe spolte, prima erano congelati, ora sembra di averci fatto il bagno. Ci manca ancora un’ora di discesa!

Lungo la strada, prima di rientrare a Ospitale, qualcuno si ferma a casa di un ospitalissimo compagno di avventura del posto. Ci racconta di come sia cambiato il tipo di turismo in questi anni e che proprio il fatto che i rifugi siano pieni in un giorno così poco gradevole dimostra che la montagna può tranquillamente prescindere dallo sci.

Rientriamo a Bologna per le 19, troppo tardi per assistere all’evento di BFCJ sull’alluvione a Valencia, siamo stanche e infreddolite, contente  ma allegre nonostante tutto, ce l’abbiamo fatta! 

Sempre più in alto
per una nuova umanità!

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