Di ritorno dal Campeggio nazionale APE 2022 in Abetina reale

E arrivò subito il sole

“Emilio come hai dormito questa notte?”

La piccola ape risponde un po’ imbronciata e con le manine incrociate sul petto:

“Non ho dormito niente!” esclama camminando mentre si dirige al tavolo per la sua quinta colazione…”Praticamente sono andato a letto ieri sera e neanche il tempo di dormire che TAAAACCCC è arrivato subito il sole”!

ndr. si scoprirà che quel TAAAACCCC pronunciato da Emilio era inconsciamente  riferito al tonfo che ha fatto quella notte cadendo dal letto a castello.

Venerdì 17 giugno 2022

TAAAACCCC! E’ già giorno, ci svegliamo  con l’aroma del caffè che solletica il naso, è venerdì e c’è il sole. Ci stropicciamo gli occhi  e aprendoli  ammiriamo finalmente la bellezza del posto  dove passeremo i tre giorni del campeggio nazionale APE 2022 organizzato quest’anno dalla sezione bolognese

Alloggiamo nella Casa del Custode (1410 m. s.l.m.), una struttura in pietra che è parte del Rifugio Segheria che prende il nome dall’antica segheria costruita alla fine del XV secolo dal Ducato Estense e rimasta in funzione fino alla fine degli anni sessanta. 

Il rifugio, è incastonato nella valle del fiume Dolo nel cuore dell’Abetina Reale, una zona boschiva di faggi e abeti bianchi al confine tra Toscana ed Emilia Romagna ed è gestito da Marcello e Sara mentre l’adiacente Casa del Custode è data in autogestione a gruppi vari e per questi 3 giorni è occupata dallo sciame dell’alveare apeino. 

Mentre beviamo il caffè e aspettiamo l’arrivo delle altre api che stanno arrivando da altre sezioni, ammiriamo la svettante punta di roccia e le coste punteggiate da grandi macchie gialle di ginestra dello sperone del monte Prado detto anche Sasso Fratto.

Come il piccolo Emilio, molte api sono arrivate alla Casa del Custode il giovedì in tarda serata,  percorrendo al buio il sentiero CAI 605 che dal parcheggio di Case di Civago sale fino al Rifugio Segheria, illuminate solo da lucciole e frontali, attraversando ruscelli e ponti, affrontando salite, e attente alle deviazioni sempre ben segnalate :). 

Altre api invece ci raggiungono direttamente per colazione venerdì mattina prima che i giri comincino. Arrivano già sudate perché il sole picchia forte infatti nonostante l’altitudine il termometro segna 28°C.

Troviamo il tempo per i saluti, qualcuno si sistema negli alloggi, c’è chi riempe le borracce e chi si spalma sulla faccia la crema solare fino a creare uno strato di cerone bianco… 

I piedi scalpitano, c’è fermento, qualcuno si danna per il caldo e le zanzare  ma nessuna si muove perché ancora mancano i panini. Dopo poco, dalla cucina si ode la parola tanto attesa: PANINIIIIIIIIIIIIIII!

Giusto il tempo per infilare il pranzo al sacco nello zaino e si parte per le camminate. 

Oggi sono previsti due giri: l’ APE 1 che percorrerà 9 km per raggiungere il piccolo lago della Bargetana e l’APE 2 con un giro da 14,5 km alla volta del Monte Prado. Il telefono non prende e per poter comunicare tra di noi durante le camminate ci siamo attrezzate di radioline.

H. 10.00 – Partenza giro APE 2

(Rifugio S.Leonardo, Passo delle forbici, Monte Prado, Lago della Bargetana)

Dalla Casa del Custode ci addentriamo nel sentiero CAI 605 in direzione Case Civago, esattamente il sentiero percorso dalla maggior parte di noi come andata per arrivare al campeggio il giorno e la sera prima e anche oggi, infatti camminando incontriamo lungo la via un nutrito gruppo di api di bresciane intente a sciamare trasportando il  necessario per il campeggio. 

Le salutiamo e continuiamo. Svoltiamo verso il rifugio San Leonardo, attraversando poi un ponticello in legno sul fiume Dolo e successivamente guadando un altro torrente. 

Incominciamo a salire e l’umidità sotto i faggi rende la salita più faticosa del previsto. Proprio quando i faggi lasciano il posto a degli abeti, svoltiamo sulla sinistra fuori sentiero per raggiungere un cippo partigiano dove ci fermiamo per una decina di minuti per rifiatare e leggere la sua storia.

Li dove adesso c’è il cippo con i nomi dei 6 partigiani e i 2 soldati sovietici incisi sulla roccia, il 2 agosto 1944 è avvenuto uno scontro fra la Brigata Stella Rossa e il Battaglione Sovietico contro i nazifascisti, dopo lo scioglimento della Libera Repubblica di Montefiorino.

Ormai non manca molto al Passo delle Forbici (1.573 metri) così ripartiamo risalendo il bosco fino alla cappella votiva e ad un nuovo cippo, dove ci fermiamo ancora qualche istante a leggere i cartelli presenti. 

Da li a poco usciamo dal bosco e avanti a noi si presenta il crinale del Monte Forbici che assomiglia come quasi tutte le selle ad un dorso di asinello. 

Camminiamo risalendo lungo Bocca di Massa, poi Monte Cella dove è custodita  sulla sua vetta un piccolo tesoro per sognatori, una spada nella roccia. Per trovarla siamo salite su altre 2 cimette, ad un certo punto qualche apetta ha incominciato ad indispettirsi.

Camminiamo e sudiamo fino a raggiungere Monte Vecchio.

Camminiamo e sudiamo ed ecco il Monte Prado con i suoi 2054 mt di quota. Qui ci fermiamo per una meritata sosta godendoci la sconfinata vista e la bellezza della  natura. 

Da qui il percorso inizia a discendere, percorriamo la  Sella di Monte Prado (quota 2004) fino al lago della Bargettana con la sua acqua verde smeraldo e come ultima meta giungiamo al Passo di Lama Lite (quota 1781 mt) snodo della maggior parte dei sentieri in quell’area.

Da qui riprendiamo il sentiero 605c e poi 605 fino raggiungere il rifugio.

H. 10.30: Partenza giro APE 1

(Lago della Bargetana)

Sono le 10:30 e siamo pronti a partire ma manca una parte del gruppo, le api bresciane infatti dovrebbero esser sul sentiero che li porta al rifugio dal parcheggio.

Il sole picchia, i minuti corrono e la radiolina gracchia per lanciare i suoi messaggi: “Qui APE 1 ad APE 2, passo” – “Vi sentiamo APE 1, passo” – “Avete incontrato ape Brescia sul sentiero APE 2, passo?”. 

Dopo alcuni minuti riceviamo l’informazione da APE 2 dell’avvistamento della sezione bresciana, ancora piuttosto lontana dal rifugio. A malincuore decidiamo di partire lasciando un biglietto appeso alla porta della Casa del Custode con i saluti di benvenuto e le informazioni necessarie per raggiungerci in camminata. 

Salendo lungo il sentiero incrociamo il furgone rosso di APE Milano, per la gioia di Emilio, perché in quel furgone rosso c’è finalmente un’altra piccola ape. Ci lasciamo con la promessa di rivederci al lago della Bargetana insieme alle api di Brescia intercettate poco prima, ci incamminiamo  verso il passo di Lama Lite. 

Dopo un’ora e mezza arriviamo al passo dove possiamo fare correre lo sguardo a 360° sulle creste degli appennini. Scopriremo poi che il passo Lama Lite (1710 metri s.l.m.)  deve il suo nome alle numerose dispute per i pascoli tra i pastori Toscani e quelli Emiliani spesso risolte a colpi di arma bianca. 

Ci contiamo, siamo 30 zampe, 12 bipedi e un cane. Imbocchiamo la strada forestale, pieghiamo in un sentiero che taglia la macchia verde fluo dei mirtilli e ci ritroviamo dinnanzi alle acque verdi del piccolo Lago della Bargetana(1800 metri s.m.l.) dove nuotano spensierati pesci e girini e volano a pelo dell’acqua azzurrissime libellule. 

Ci fermiamo per il  pranzo e mentre addentiamo il primo panino spuntano le apette bresciane e milanesi. Saluti, feste e per i più accaldati un pediluvio refrigerante nel lago.

Riprendiamo il cammino e incontriamo una marmotta che mimetizzata su una roccia si gode il sole annusando l’aria. 

Alcune api milanesi scendono al rifugio, ci sono 7 kg di ceci secchi da far bollire per la cena, mentre il resto del gruppo, dopo pochi chilometri, opta per una sosta al rifugio Battisti.

Mentre le api più piccole si lanciano in una partita di Carcassone, le altre api tentano di rilassarsi sui tavoli all’aperto, coperte da tutto quello che hanno nello zaino per ripararsi dall’attacco feroce di mosche, zanzare e tafani.

Rientriamo alla Casa del Custode imboccando da Lama Lite il sentiero CAI 605c.

E arriva la sera:

Il “gruppo cucina” è preparatissimo e organizzatissimo, sembra il gruppo di api operaie che in maniera ordinata prepara cena e panini per tutte necessari l’indomani già alle 07:00 del mattino. 

Il “gruppo cazzeggio” è altrettanto ben organizzato, chi riempie le bottiglie di vino per tutte, chi si assicura di tenere le stesse sempre in fresco, chi accende zampironi per la collettività. 

Il concerto che si sarebbe dovuto tenere è saltato. I musicisti hanno avuto un problema con lo sciopero dei treni e ormai non riescono più a raggiungerci.

La serata si anima, parte il cajon e kazoo fino a tarda notte. Manca un po’ l’inno dell’APE, come una storia scritta nella roccia o come una spada nella roccia la sera da leoni e il giorno dopo…

Sabato 18 giugno 2022

H. 7:00: Partenza giro APE 3

(Presa Alta, Cascate del Lavacchiello, Prati di Sara, Monte Cusna)

Il venerdì sera in un rapido briefing urlato, tutto era stato detto chiaramente. Si partirà alle 7:00 precisi. Ci sarà da camminare molto e ci sarà un notevole dislivello.

Tra i tanti presenti qualcuna arriccia le sopracciglia facendo dei rapidi conti: “Siamo a 1400, dobbiamo arrivare a 2120.. sono 700 metri di dislivello.. Non sono molti!” – “E’ no cara! Da 1400, saliamo a 1800, poi scendiamo a 1200 e solo poi andiamo a 2120!”

La mattina alle 06:00 sono poco le persone in piedi e quelle che ci sono si fa fatica a chiamarle persone. Fortunatamente qualcuno sta facendo litri di caffè.

Alle 06:50 un nuvolo di bestemmie addensa l’aria. Una apetta accortasi che tutte le altre erano quasi pronte a partire, ancora un po’ barcollante, mostra con tutte le “eSSe” che può la sua antipatia nei confronti della giornata appena sorta.

Miracolosamente e’ pronta poco dopo e in 16 apette partiamo per raggiungere il rifugio Battisti dove prenderemo l’ennesimo caffè e dove ci riforniremo di acqua. Dopo esser saliti dal 605 e poi dal 605c, ed esser arrivati a Lama Lite giungiamo al Battisti: “Volete degli orsetti?”.

Ci giriamo intorno… “E’ chiuso … biiip biiiip biip… !”

Abbiamo fatto i primi 300 metri di dislivello ad una andatura decisamente spedita. Da qui dobbiamo scendere fino a alla diga di Presa Alta camminando lungo il sentiero Mauri costeggiando il fiume Ozola attraverso una imponente e rilassante faggeta.

Continuiamo a batter le ali molto velocemente e anche se il passo e’ decisamente allegro andante, ci metteremo un discreto quantitativo di tempo ad arrivare a Presa Alta, laddove il relax e la freschezza d’un sol colpo svaniranno.

Ad un bivio una apetta ci lascia per percorrere la “direttissima” per il Cusna. Lo salutiamo velocemente, accertandoci che abbia la radiolina sintonizzata. “Vuoi degli orsetti?”. Poi ricominciamo a camminare. Poco dopo avvistiamo la diga, la oltrepassiamo e ci fermiamo di fonte un muro di roccia: “Mmmkkeey.. siamo arrivati alla salita!”.

C’è chi non aspetta nemmeno il via dello starter e già si prodiga ad attaccare la salita esposta e decisamente ripida. Sfiliamo uno alla volta lungo il sentiero e ad un certo punto tra un “Ci siamo tutte?” – “A che punto siamo?” – si sente un grido abbastanza strano: “Un porcino!”.

Da qui in avanti il gruppo si allungherà molto sfilacciandosi in gruppi di fatica. Ogni gruppo ha il suo passo e due a due ci teniamo compagnia e allegria nello sforzo. Di tanto in tanto i gruppi cambiano, chi è più affaticato rallenta e viene raggiunto dal gruppo dietro, chi è più in forze raggiunge il gruppo davanti, come l’armoniosa danza delle onde del mare dove la prima insegue l’altra fino a quando non viene raggiunta nella battigia.

In poco tempo raggiungiamo le Cascate del Lavacchiello. La portata del torrente è inferiore a quella di maggio quando è stato provato il giro, ciò nonostante la cascata è davvero incantevole. Ci fermiamo per fare una merenda e ad attendere chi si era attardato. Tra un mango, un panino e una barretta c’è chi insiste: “Volete degli orsetti?”. Non rimaniamo molto, il vento generato dalla caduta dell’acqua e l’ombrosità del luogo non lo permettono.

Il croupier rimescola i gruppi, cambia l’ordine degli addenti ma il risultato non cambia. Ripartiamo con lo stesso metodo di prima. Ognuno con la sua gamba. La salita è ancora lunga.

Mentre c’è chi galoppa verso i Prati di Sara, c’è invece chi nonostante la calura e la salita riesce anche a raccogliere degli altri porcini. Saranno 6 alla fine del giro. Altri si fermeranno ad ammirare su uno sperone di roccia la vallata dell’Ozola che si apre sotto, altri invece a testa bassa pedalano concentrati.

Ora la salita non è ripida come all’inizio ma la continuità dello sforzo e il bosco più fitto ci fanno sudare molto e quando finalmente il bosco si dirada appaiono davanti a noi i Prati di Sara, una grande prateria d’altura(m 1610) quasi pianeggiante circondata dalla faggeta. 

Da qui si vede il versante del Monte Cusna che saliremo e mentre ci sediamo per mangiare un boccone e abbeverarci assediati dai mosconi, dalla radio ci giunge notizia che “ZZzz APE ZZz è arrivata sul ZZZz!”.

Qualcuna prova ad asciugare la maglietta fradicia. Qualcuna a riposare. Altre le provano tutte pur di esser lasciati stare dai tafani, altre propongono: “Volete degli orsetti?”. La strada fatta inizia ad essere tanta e alcune menti cedono: “Ok dammene uno” – “Lo vuoi verde rosso o blu?”.

Ripartiamo. Il passo ora è ancora più deciso. Non si fa nemmeno in tempo a rimanere a bocca aperta davanti il profilo della Pietra di Bismantova in lontananza. Ogni gruppetto sceglie la sua via di salita, il gruppo di testa sbaglia strada e allunga. Un apetta accortasi di aver sbagliato strada prova a correggere il tiro salendo dritta per dritta su un canalone. Intanto un altra apetta gli sfila davanti un centinaio di metri sopra sul sentiero: “Ma come ci sei finito li?” – “Tranquillo, tranquillo”.

Come in preda dal nettare dolce della montagna voliamo alla ricerca della vetta. Arrivati in cima una apetta di Bergamo stappa la meritata birra mentre alla spicciolata arrivano tutti gli altri: “Vuoi un orsetto di vetta?” – “Si, ora si!”. “Vuoi un orsetto di vetta?” – “Ah si grazie!” – “E tu vuoi un orsetto di vetta?”. Insomma gli orsetti sono finiti tutti.

Ci fermiamo a mangiare e bere qualcosa. Ci riposiamo.. la salita ora è pressoché finita. E mentre c’è chi firma il diario di vetta, veniamo raggiunti da una apetta di Brescia che ha sciamato da solo verso il Monte Cusna staccandosi da APE 1 passando lungo il crinale che sarà invece la nostra discesa.

Decidiamo di ripartire e qui un gruppo scende da una via più esposta, mentre un altro gruppo più esiguo ridiscende il Monte Cusna dalla stessa via di salita per aggirarlo in mezza costa fino ad arrivare nuovamente sul crinale del Sasso del Morto. I primi scesi dalla via più ripida attendono gli ultimi che stanno ancora scendendo e nonostante quella via sia la più breve, chi ha preso la via di mezza costa riesce a sopraggiungere.

Squadra che vince non si cambia e così percorriamo il lungo crinale lungo il Monte Piella fino al Passone ognuno con il suo passo, in gruppi da due o tre persone. 

Quando raggiungiamo la casa del custode siamo sbalorditi. Siamo arrivati prima di tutti.

H. 08:00: Partenza giro APE 2

(M. Cusna dalle Veline e ritorno in crinale)

Il giro APE 2 è caratterizzato da un forte odore di burro ma non riesce a capire da che pianta possa essere emanato…ancora il gruppo non si spiega questa percezione olfattiva collettiva. 

A metà Costa delle Veline il gruppo viene raggiunta da Martino che si è staccato da APE 3 per andare a prendere il gruppo che farà lo spettacolo teatrale la sera. 

Arrivare sul Cusna dal sentiero n. 607 in perfetto orario e grazie all’ingestione di tonnellate di liquirizia. Tutto il resto è nella memoria di chi l’ha vissuto, nella sua meraviglia paesaggistica, nella fatica dell’ascesa alla vetta e nella sua lentezza. 

La lentezza ci ha contraddistinto così da imprimere negli occhi scenari, nelle narici i profumi di fiori di montagna e nelle orecchie i suoni trasportati da venti lontani e antichi.

Non troppo antiche invece le conversazioni in inglese maccheronico dei portuali di Genova anche loro sintonizzati sulla frequenza radio n. 6, la nostra.

Dopo una sosta per pranzare all’impianto di risalita chiuso presso il Monte Piella, una piccola avanguardia lombarda si stacca dal gruppo a passo svelto, mentre le altre apette si sdraiano ancora sull’erba vicina la “croce flauto” del Passone per terminare la gita con tempi più centro-meridionali. 

APE 2 sarà l’ultimo a chiudere il suo giro, anche se la testa incrocerà la coda di APE 1 sul crinale lungo la via che porta verso il Passo della Volpe, arrivando al galoppo, come i cavalli passati lassù poco prima.

H. 10:00: Partenza giro disagio e umiltà dell’APE 1

La notte prima lo si era annunciato: APE 1 si trasforma in APE disagio e umiltà, formando un gruppo variegato di piccole api, acciaccate, polleggione. Partiremo in 30 per questo giro.

Saliamo dal sentiero dietro al rifugio, in meno di un’ora siamo al passo di Lama Lite, ma non è possibile pranzare alle 11.40, anche se c’è chi lo farebbe volentieri!

Decidiamo per una breve sosta acqua al rifugio Battisti, alcune azzannano panini, altre comprano birrette e dopo alcuni minuti scappiamo verso il crinale, sperando di non trovare anche lì le fastidiose e-bike e soprattutto gli insistenti insetti che non ci danno tregua.

Verso il Passone il crinale appare a tratti lunare, poi lentamente si sprigiona l’odore di speck, di burro misto coriandolo (notiamo la carota selvatica…sarà lei la profumatrice?) arriviamo alle distese di mirtilli verdissimi senza ancora i frutti ed eccoci alla croce sonante. 

Non suona però! L’aria tira ma le canne sono zitte! Allora le piccole apette iniziano a parlarci dentro facendole suonare con le loro voci. Salutiamo così gli altri gruppi di APE, ci sentiranno? 

Dopo esserci rifocillati e aver fatto la foto di gruppo ci incamminiamo a mezza costa verso il Passo delle Volpe, tenendo bene sott’occhio Pollon perché alla vista di una marmotta potrebbe scattare per andare a dirgliene quattro, hanno dei conti in sospeso da anni… ma questa è un altra storia.

Lasciamo la cresta, entriamo nel bosco, liberiamo i piedi dagli scarponi per un bagno rigenerante nel torrente Rio Lama e torniamo al rifugio, pronte per l’ultima serata assieme.

E arriva la sera:

L’alveare è compattissimo, si sa che sudare insieme crea sinergia. Le tavolate all’aperto, la cena squisita sorprendentemente arricchita da porcini profumatissimi raccolti da APE 3. 

Tutto fila liscissimo, al tramonto inizia lo spettacolo teatrale su resistenza e antifascismo in quota. Tutto è in orario.

Parte una chitarra, si distribuiscono volantini con il testo di una canzone.. si intona una serenata alla nuova futura coppia di sposi apeini!

Iniziano i bergamaschi ad estrarre chissà da quali tasche nascoste bottiglie di alcol ed acchittando la parte antistante alla casa del custode come una disco anni 90. 

Il collettivo segreto bolognese “pesche sciroccate” trova il momento, al chiaro di luna, in punta di piedi si defila, compie il proprio rito e rientra all’alveare nascondendo il segreto del loro fruttifero rito. 

Partono le chitarre con canzoni di lotta, di resistenza e di tarli. Canti e chitarre si fondono in un mix improvvisato sotto quella bella luna semi piena che illumina la notte. 

A tarda notte il silenzio la fa da padrone, solo l’odore di natura bagnata inumidita dalla rugiada notturna rimane sospeso in aria mentre l’animo collettivo leggero si avvolge con le braccia di Morfeo. 

Tutto tace. Tutte a nanna…tutte, perché la giornata è stata lunga e domani è domenica.

Domenica 19 Giugno 2022

Domenica! Quant’è brutta la Domenica!

Non è brutta perché scopriamo che dopo la caduta dell’elicottero ci troviamo in una zona di necro-turismo. 

Neanche perché sono avanzati chili di farro e non sappiamo dove metterli, o perché il primo sale sta diventando feta ma il frigo va spento e pulito, come del resto tutta la casa.

Non perché il quantitativo di oggetti ritrovati abbandonati è sbalorditivo o ancora perché il paio di mutande abbandonato che ha girato per ore è stato issato a bandiera.

Non è brutta perché qualcuna ha rotto la macchina e deve rimanere una notte ancora, 

o perché le auto dei bolognesi fanno fatica a risalire lungo la strada forestale, o perché i milanesi dimenticano mandolini e chitarre in giro.

Nemmeno perché siamo invase da mosche e zanzare o perché la totalità dei quadrupedi presenti (2 su 2) si è azzoppata durante i giri… noooooo! 

Non è brutta per tutte queste ragioni la Domenica…. la Domenica è brutta perché ci dobbiamo separare!

Ci separiamo, consapevoli di aver aggiunto un nuovo tassello ad un cammino di autogestione e condivisione. Un cammino che porta avanti valori fondamentali impressi nel cuore di ogni ape. Un cammino di consapevolezza individuale e collettiva che porta l’APE a camminare sempre più in alto verso una nuova umanità.

Il rientro è lento, ma gli animi sereni e soddisfatti. Arrivate alle macchine parte il primo trillo di telefono. Uno, dieci, centomila trilli di telefoni con notifiche che si accavallano l’una sull’altra. 

Il suono fa esplodere la bolla nella quale abbiamo vissuto tre giorni. L’ultimo trillo arriva da due apette bolognesi, rimaste con l’auto in panne in autostrada così l’ultima auto bolognese rincasata, recupera delle birrette e corre in loro soccorso. 

A mezzanotte saranno tutte a letto, stanche ma felici.

Aveva ragione Emilio.. quando si sta bene e ci diverte TAAACCCCC ecco che arriva subito il sole.

Un grazie a tutte le sezioni dell’APE che ci hanno dato fiducia, supportate e accompagnate nella costruzione e realizzazione di questa esperienza che si chiama campeggio nazionale.

Grazie a Marcello e Sara che si sono rese disponibili ad accogliere un alveare come il nostro.

Grazie a tutte le produttrici che ci hanno consentito di alimentare non solo il corpo ma anche la mente con prodotti genuini @campi aperti @aurora @forno brisa @olio di papa @limoni dell’eli

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Sempre più in alto
per una nuova umanità!

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