Di ritorno da Santa Lucia

Controlliamo il meteo più volte durante la settimana perché da qui, dalla città, il cielo non promette nulla di buono ma ormai l’abbiamo imparato, appena si sale, uscendo dalla pianura, la nebbia scompare, il cielo si apre e il sole scalda. Sarà così anche questa volta.

IL RITROVO

La partenza di questo giro, come sempre, è un po’ lenta ma il gruppo si compatta rapidamente, sale sulle auto, direzione caseificio di Santa Lucia di Castel D’Aiano dove ci saranno ad attenderlo altre api. Ad ogni curva il cielo si apre sempre di più e il sole fa capolino togliendoci quell’ovatta nebbiosa che abbiamo addosso. Siamo carichissime. Abbiamo trovato il sole!

Alcune api entrano al caseificio per recuperare il pranzo al sacco da portare in camminata, ne escono abbagliate e sbavanti: “A che ora riaprite? (loro non sono evidentemente come Renatino) Ci vediamo al ritorno, a dopo e grazie”. La spesa al caseificio sarà il chiodo fisso di tutte. 

AL MONTE DELLA SPE

Ci immergiamo in un castagneto, giovane ma folto. Quasi tutti i boschi qui attorno sono stati rasi al suolo durante la seconda guerra mondiale, sia per la consuetudine di incendiare la boscaglia per stanare gli avversari sia, più’ in generale, perché’ sulla Linea Gotica vennero scaricate migliaia di bombe da parte degli Alleati.

Calpestiamo la via Romea Nonantolana che passa davanti alla casa-torre Jussi, a Serra Sarzana. Questo pezzo di Appennino e’ sempre stato zona di confine e durante il governo di Matilde di Canossa vennero edificate diverse di queste case-torri.

Prendiamo il sentiero CAI 190 verso la cima del Monte della Spe, l’ultima testa di ponte da cui gli Alleati si mossero il 14 aprile del 1945 verso le posizioni tedesche di Rocca di Roffeno, come testimoniano le tante buche e trincee scavate (foxholes).

La salita fa sudare, decidiamo di fermarci per alcuni minuti per uno spuntino. Un rombo di tuono ci fa scattare, è meglio muoversi, il cielo si sta annuvolando.

X-FILES

Inizia la prima delle due discese del giro ad anello, e tra prati e boschi scendiamo verso il fondovalle del torrente Vergatello. Adesso percorriamo un’altra antica via: la Piccola Cassia.

Come raggiungiamo un piccolo gruppetto di case siamo colpite dal Corno alle Scale e dall’immenso Cimone innevati con la torre di Montese in primo piano: una foto da cartolina. Sbirciamo con il cannocchiale i primi sciatori, che ci salutano e noi ricambiamo. 😉

Lungo il sentiero alcune api si fermano a raccogliere un set di shangai naturali: un istrice deve aver preso un bello spavento e aver “lanciato” molti aculei…o almeno, ci va di pensarla così. Ritorniamo nel bosco che precede l’unica zona calanchiva della zona e finalmente, grazie anche alla pioggerellina che inizia a scendere, si sblisgaaaaaaaaa!

Tra un chaf-chaf e una scivolata l’attenzione dello sciame è catturata da una bavosa appiccicosa giallo fluorescente materia. Bava di alieno è la prima ipotesi ma dopo alcuni metri troviamo delle bacche dello stesso colore quindi si fa largo l’ipotesi di un malore, evidentemente l’istrice si era cibato delle bacche velenose, aveva lasciato quelle tracce e poi si era lasciato andare, perdendo gli aculei. Fortunatamente una foto alla bacca e una consultazione virtuale sulle piante ci illumina e ci riporta alla cruda realtà: si tratta di vischio quercino i cui semi per germinare hanno bisogno di passare nell’intestino degli uccelli.

SALITA A MONTE ROCCA

Giungiamo a Rocca di Roffeno e decidiamo di salire a Monte Rocca da cui sarà possibile ammirare a 360° la zona circostante, nuvole permettendo!

Altra sudata e dopo una mezz’oretta arriviamo alla croce in cima ai vecchi ruderi della rocca. Qualcuno si e’ portato ben 6 birroni in bottiglie di vetro, lo sciame gli deve alleggerire il fardello! Non c’è’ che fare un altro spuntino e godersi lo stupendo panorama! Mentalmente riusciamo a ripercorrere la valle del Reno, attraverso Montovolo, il Vigese e il Sasso di Vigo, le cime innevate invece stentiamo a riconoscerle, troppe nuvole. L’aria fredda inizia a farsi sentire quindi, zaini in spalla, iniziamo con l’ultima discesa. 

IL CASEIFICIO

Pochi passi ci separano dal negozio che era nella nostra mente dalla mattina, all’improvviso ci supera un auto carica di cinghiali a gambe all’aria, alcune api hanno un sussulto.

Un’ape dietro all’altra, ci mettiamo in fila, sbavando davanti alla vetrina. Urlavamo all’assalto, siamo entrate gentilmente e ordinate.

Nel frattempo ci giunge una chiamata di una apetta che abita lì vicino che ci chiede se lo aiutiamo a rovesciare una barca. – “Una barca?! In appenino?” – “Certo, arriviamo tanto qua c’e’ una gran coda”.
Sbrighiamo la faccenda e torniamo velocemente al caseificio con del buon vino rosso genuino offerto dal compagno di zona. Un pezzo di caciotta, un po’ di ricotta ed è tempo di salutarci, si ghiaccia.

Alla prossima uscita..A passo d’ape sempre.

Sempre più in alto
per una nuova umanità!

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