Cessate il fuoco!
Baronissi, Cava, Vietri, Salerno, San Mango, Mercato San Severino, Nocera, Pellezzano. La stagione del fuoco nel salernitano è iniziata ufficialmente ieri, complice il persistente grecale che ha anche asciugato buona parte dell’umidità dei giorni scorsi. Bruciano, come da macabra tradizione, come in un film visto e rivisto, sempre le stesse montagne, talvolta in aree e versanti diversi dall’anno precedente. Bruciano tutte insieme, col giusto favore del vento, di notte, per rendere scientificamente impossibile la gestione e lo spegnimento in contemporanea, amplificando la corsa delle fiamme e quella sensazione di assedio e impotenza.
Un appuntamento fisso, pirotecnico spettacolo per alcuni, indignante routine per altri. Intollerabile per chi, come noi, conosce il prezzo di questo inesorabile scempio ai danni degli esseri viventi, piante e animali decimati e arsi vivi nel pieno della stagione riproduttiva, che non avranno mai sembianze o giustizia. Per i sentieri, già compromessi da un lento e silenzioso abbandono, che si cancelleranno sotto i colpi dei tronchi e dei pendii caduti e saranno presto fagocitati dai rovi, pronti a crescere a dismisura con le piogge autunnali e che non riusciranno quasi mai ad essere nuovamente percorsi, come ben sappiamo. Per le frane che verranno, in un territorio fragilissimo, antropizzato male secondo logiche esclusivamente economiche, quando uno di quegli improvvisi e anomali temporali provocherà colate e distacchi che potranno solo aumentare la propria forza distruttrice portando con se’ tronchi e detriti mai rimossi, lasciati per anni incastrati sul fondo dei tanti e incazzati valloni, dove la gravità li ha fatti convergere ed ammassare col tempo.
Quest’anno la stagione del fuoco si è affacciata con un po’ di ritardo, dopo alcune isolate avvisaglie. Mai siamo riusciti a convincerci che proprio quest’anno le nostre montagne sarebbero riuscite a salvarsi dal triste e abitudinario destino che le condanna ad essere, anno dopo anno, scenario di una trama di interessi che si fa fatica ad accettare e comprendere, ma incrociavamo le dita affinché, almeno per una volta, ciò potesse smettere di accadere. Invece gli oltre cinquanta inneschi della giornata di ieri, primo giorno di agosto, destinati chissà se a crescere o a rarefarsi nei giorni ancora lunghi dell’estate che ci aspetta, delineano uno scenario indigesto e frustrante che la narrazione riduzionista del folle, del piromane, del singolo individuo colposo o distratto può solo contribuire a confondere, lasciandoci convinti della fatalità e isolatezza di un gesto che invece spalanca ferite fatte di collusioni ramificate e intoccabili, di regole mai rispettate e provvedimenti mai presi, come in tanti altri ambiti lungo tutto lo stivale.
Attendiamo, fiduciosi sì stavolta, come sempre, indagini che mai partiranno, bonifiche inesistenti e prese di posizione assenti, fino a tornare a dimenticare del tutto, nel silenzio e nell’incanto dei boschi, i brutti ricordi di un crimine sottovalutato e accettato silenziosamente da molti, quasi una convivenza forzata che preferiamo far finta di ignorare. Interrogarsi criticamente sulle cause potrebbe, al contrario, portarci verso verità mai immaginate, forse perfino difficili da digerire e accettare. Chiedendoci anche solo semplicemente “perché?” potremmo farci coraggio e vederci costretti a rispondere ai tanti interrogativi insoluti che si nascondono dietro tale fenomeno: pascolo, spegnimento, taglio boschivo, assicurazioni, incentivi, speculazioni, contratti. Per il momento, non ci resta che sentirci violati e coinvolti, perché le montagne ci appartengono, o meglio noi apparteniamo ad esse, molto più di quanto possiamo immaginare. Non ci resta che provare a sentirci anche meno inermi di quanto crediamo. Prendere consapevolezza e dare un volto a questi criminali, ai loro fiancheggiatori e alle loro squallide motivazioni è la prima arma per provare a fermarli.
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