Quale montagna vuoi? Il caso Colere-Lizzola
“Quale montagna vuoi?” Hanno provato a dare una risposta a questa domanda complessa, ma soprattutto a stimolare un dibattito e delle riflessioni, i relatori dell’incontro di giovedì 28 novembre tenutosi a Clusone, organizzato da Terre Alt(r)e e Orobie Vive. Un incontro partecipato, con più di 250 persone in sala al centro del quale c’è il progetto di nuovi impianti di risalita e collegamento tra Colere e Lizzola, Val Seriana.
Le parole chiave della serata sono: dibattito ampio, partecipazione collettiva, analisi dei dati e visione realistica del futuro della montagna.
Ripensare il futuro delle Alpi a quote medio-basse
Il primo intervento è stato di Agnese Moroni. La ricercatrice di Beyond Snow e Eurac Research ha presentato il progetto che li vede coinvolti nel tentativo di ripensare il futuro di alcune località alpine europee che si trovano a quote medio-basse e che, di conseguenza, non sono più nelle condizioni di vincolarsi unicamente al turismo invernale a causa del cambiamento climatico e dell’insostenibilità economica di tale pratica. Ciò che è emerso chiaramente è che le comunità montane, prima di progettare il proprio futuro, debbano conoscere il loro passato, riflettere sul presente e individuare quali siano i bisogni di una comunità, attraverso un processo partecipativo allargato che veda i cittadini come protagonisti. Una volta terminata questa prima parte di ricerca e analisi, il focus passa sul cosa si vuole fare per il futuro territorio a partire dalle necessità di chi abita e frequenta abitualmente questi ambienti. La scelta di investire in un determinato settore, sottende la necessità di implementare tutta una serie di servizi che rendano possibile svolgere le varie attività e che rendano il territorio più vivibile.
L’obiettivo è la transizione delle destinazioni turistiche alpine: né rivoluzione né trasformazione.
Un progetto insostenibile: il caso Colere-Lizzola
A seguire, il microfono è passato nelle mani di Angelo Borroni, ingegnere e docente universitario, membro di Orobie Vive. Attraverso un’attenta analisi dei documenti ad oggi disponibili, si è entrati nel merito del progetto “Comprensorio Colere-Lizzola”. In sostanza il progetto si presenta come un’opera insostenibile su più fronti, che al netto delle dichiarazioni rilasciate da RSI, avrà un impatto negativo sul territorio in termini ambientali, sociali ed economici. Si parla di un’opera che, secondo i progettisti, costerà 70 milioni, di cui 50 pubblici, anche se le cifre reali sono già in incremento, e sembra già in partenza anacronistica rispetto ai tempi che corrono, considerando che è sempre più chiaro, dati alla mano, che il turismo invernale sciistico non avrà più di 15 anni di futuro a certe quote.
Per chi volesse un decalogo delle maggiori criticità del progetto, è disponibile a questo link: terrealtre.noblogs.org/comprensorio-colerelizzola/manifesto
Il turismo come rischio per le comunità montane
E’ stata poi la volta di Lucio Toninelli, abitante di Vilminore di Scalve e consigliere di minoranza del comune in cui risiede. Partendo dalla domanda “Ma ne abbiamo davvero bisogno?”, ha fatto una riflessione su come nei territori dove si è puntato unicamente sul turismo, in particolare sul turismo legato allo sci di discesa, i processi di spopolamento e disgregazione delle comunità sono stati più marcati e veloci che altrove. Dando per assodato che la fuga verso le città da parte degli abitanti di montagna è difficile da tamponare e ragionando sul caso specifico della valle di Scalve, dove “lavoro ce n’è” e le industrie lì presenti faticano a trovare manodopera, Toninelli ha raggiunto la conclusione che gli investimenti in grandi comprensori sciistici e in un turismo mordi e fuggi, non portano ricchezza ma rischiano di indebolire le economie locali, alzando i prezzi e il costo della vita. Piuttosto che questo tipo di opere, ha concluso, ciò di cui avremmo bisogno sarebbero una serie di interventi per implementare servizi e rendere i luoghi montani più “vivibili” per chi fa parte delle comunità.
Quale futuro per le montagne?
A chiudere gli interventi dal palco è stato Luca Rota, blogger e conoscitore delle dinamiche montane, che ha messo in luce le criticità degli investimenti in impianti di risalita al giorno d’oggi, soffermandosi sugli aspetti economici e sociali, stimolando i presenti a riflettere su quale sia la loro idea di montagna, di territorio in cui abitano e come se lo immaginano nel futuro.
L’intervento di un sindaco dell’alta valle ha parzialmente rovinato il clima civile che si era creato ma è troppo ignorante per essere calcolato difatti non se l’è filato nessuno.